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venerdì 24 luglio 2009

STORIA DI UNA VERGOGNA (L'ENNESIMA)

MILANO — Vikas Kumar ha 32 an­ni compiuti da poco, una laurea in Economia e un master a Dehli, un PhD (l’equivalente di un nostro dotto­rato) a St. Louis. E ha, o meglio ave­va, un contratto in Bocconi. Un posto che in moltissimi sognano e a cui Vikas ha rinunciato, dopo 4 anni di più che onorato servizio nelle aule dell’università milanese. Tra l’entu­siasmo degli esordi e la disillusione dell’addio, i mesi di attesa per un per­messo di soggiorno che non arriva mai. A raccontare la storia di Vikas è Lo­renzo Peccati, prorettore per le risor­se umane della Bocconi. «Kumar è ar­rivato da noi quasi 5 anni fa, con un ruolo di assistant professor (ricerca­tore a tempo determinato). L’aveva­mo scelto sul Job Market, un appunta­mento annuale dove i migliori «cer­velli » vengono selezionati a livello in­ternazionale; gli abbiamo offerto un contratto di 6 anni, tra i benefit c’era la possibilità di un anno sabbatico, mantenendo stipendio e fondi di ri­cerca, da trascorrere in qualunque ateneo del mondo».
È l’estate 2008: Kumar, che ha già rinnovato una volta il permesso di soggiorno (da 2 anni, allora il massi­mo per un contratto di quel tipo), de­cide di sfruttare l’occasione. «E sicco­me è bravo, viene accettato a Stan­ford. Sarebbe dovuto rientrare alla fi­ne di quest’estate». Ma il visto, nel frattempo, è scadu­to. Da molti mesi. Nel corso dei quali la Bocconi non è stata con le mani in mano: «Grazie al decreto legge uscito a gennaio 2008, docenti e ricercatori stranieri ora possono ottenere un per­messo che copra tutta la durata del contratto. Ma l’ente che li assume de­ve iscriversi a un albo istituzionale, per poi avviare la procedura. Ebbene, l’albo è comparso sul sito del Ministe­ro dopo 9 mesi. E fino ad oggi non sono risultati di­sponibili i moduli necessari». Morale (mesta) della favola: «Vikas chiedeva notizie, e noi non potevamo far altro che rispondergli: ci stiamo lavoran­do... Penso che a un certo punto ab­bia fatto due più due. Poco tempo fa è arrivata una lettera molto gentile, con cui rende noto di avere accettato l’offerta dell’università di Sydney».
Una storia tra le tante, almeno stan­do all’indagine che la Fondazione Ro­dolfo DeBenedetti ha dedicato agli studenti stranieri di dottorato in Ita­lia. Ce ne sono tremila, e il 77% viene da Paesi extraeuropei. Arrivano ri­chiamati dalla «buona reputazione della ricerca» in Italia (43%), dalla di­sponibilità di una borsa di studio (il 54% dei non-Ue). E lottano, ogni gior­no, con la nostra burocrazia: per il permesso di soggiorno, uno studen­te su 5 aspetta più di un anno. E per avere un appuntamento in questura il 77% deve attendere oltre un mese. Con relative difficoltà nel viaggiare — che siano conferenze all’estero o vacanze in famiglia — per uno su 4. E costi non indifferenti: tra i 50 e i 200 euro, così dichiara il 68% degli in­tervistati. «Sono in Italia dal 2006 e ho già fatto due rinnovi», conferma Mark Dincecco, ricercatore all’Imt di Lucca, coetaneo di Vikas e california­no. «Per chi ha il passaporto america­no la situazione è meno grave, ma la sensazione di insicurezza c’è lo stes­so. A ottobre 2007, per il primo rinno­vo, ho aspettato quasi 10 mesi: il nuo­vo permesso è arrivato a luglio, e in settembre era già scaduto. In questu­ra la risposta era, invariabilmente, 'a Roma è tutto bloccato'. Chissà che si­gnifica... ».
A settembre, l’indagine della Fon­dazione sarà presentata in Bocconi, «a un convegno cui interverrà anche il ministro Gelmini — anticipa l’eco­nomista Tito Boeri —, con una sessio­ne su brain drain e brain gain ». Fuga e attrazione di cervelli. «Perché non solo ne arrivano pochi, ma quei pochi facciamo anche fatica a trattenerli. E ogni studente è un investimento importante: un dottorando costa, in media, 200-250 mila euro all’anno». Peccati conferma: «Bisogna pagare i docenti che vanno al Job Market, poi si invitano qui a spese nostre i candidati, e per chi viene preso c’è, di base, uno stipendio superiore a quello di ingresso di un associato». Anche per questo la Bocconi, insieme ad Assolombarda, ha deciso di sedersi a un tavolo con Comune, Questura, Prefettura, per lavorare a uno snellimento delle procedure. «La legge c’è: vogliamo solo poterla usare». Sul sito della Bocconi, alla pagina personale di Vikas, è indicata la sua «area di interesse scientifico»: strate­gie di internazionalizzazione. Non oc­corre andare a cercarlo in Australia per capire che, tra tutte le tattiche possibili, quella seguita finora dal­­l’Italia è decisamente sbagliata.
E' giusto che chi non ha il permesso se ne torni a casa. Non si possono accettare violazioni della legge penale. La Bocconi ora assuma un professore padano, o se ci tiene tanto ad avere professori indiani si trasferisca a Bombay; direbbe Salvini su questo caso, visto ciò che ha detto sulla sentenza pronunciata per l'extracomunitario che voleva fare l'elettricista all'ATM. Bisognerebbe nominarlo professore per chiara fama (o forse fame?) il giovane e talentuoso Salvini, chissà se i meneghini doc, tutti cassola e osso buco, della Bocconi se lo prendono?


FONTE : Community RAI
Giovanni Falcetta

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