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lunedì 29 settembre 2008

PETIZIONI ON LINE CONTRO IL TAGLIO AI POSTI DI SOSTEGNO NELLA SCUOLA

BASTA AI TAGLI SUL SOSTEGNO E LE FASCE DEBOLI, NON SE NE PUO' PIU'!!!!!

Statuto della petizione

A: Presidente della Repubblica Italiana e ministro pubblica istruzione

Creo questa petizione per dar voce a quanti sono nella stessa situazione di mia figlia. Spero di ricevere tante firme e tanti consigli e idee per unirci sul da farsi. Sono stanca di soffrire nel vedere negati i diritti dei nostri figli !!
Vi prego inoltre di pubblicare quanto sto diffondendo dove possibile:
Gentilissimi , voi non potete immaginare a quanti enti ho scritto , compresi tutti i ministeri dell’ attuale governo, dove mi chiedo se chi per legge, dagli italiani votato , dovrebbe tutelarci, cosa in realta’ pensa dei disabili…. e chi trovandosi invece all’opposizione cosa fa per farci ottenere qualcosa in piu’ invece di retrocedere. E’ una vergogna e sconfitta per l’umanita. Cosa dire…anche la Chiesa che interviene su tutto e su tutto pubblica encicliche non e’ che ha mai lasciato niente di scritto per noi. Intanto sapete qual’e’ la beffa che si aggiunge al danno, motivo per cui vi scrivo e che doppiamente denuncio ? Nemmeno si son presi la briga di rispondermi, nemmeno uno fra tutti i destinatari: Volete vedere che si son pure offesi nella loro "dignita"??????

A: 'redazione.web@governo.it 'Oggetto: I: Non se ne puo' piu!!!!!!!!!ancora tagli al sostegno e alle fasce deboli. Non e' possibile, sempre peggio!!! scrivo per denunciare una situazione grave e per chiedere sul da farsi. Senza il minimo preavviso ieri mattina a mia figlia Rosanna e a tanti altri bambini disabili della scuola media con grande sorpresa e' stato comunicato che il sostegno si e' ridotto di molto anche se la riunione precedente risalente a maggio riportava la necessita’ di un sostegno 1/1. Questa situazione ha veramente stancato i genitori e i bambini disabili di ogni ordine e grado ancora vittime di ogni sorta di sorpruso da parte dello Stato assente e indifferente anzi peggio in quanto sempre pronto a toglierci ciò che si spetta di diritto invece di aumentarlo e questo fa ancor piu’ soffrire in quanto la situazione non solo non migliora ma peggiora addirittura. Cosa dobbiamo fare di radicale e forte che che metta fine a questa discrimazione???possibile che a livello politico non ci tuteli nessuno, nessuno si oppone al parlamento ai tagli sui nostri figli???Vorrei continuare a elencare i torti a cui sono sottoposti i nostri figli e le loro famiglie ma sinceramente il dolore ci attanaglia da non poterne nemmeno piu’ parlarne , tanto chi ci ascolta??Nessuno di voi si chiede come si fa a vivere con tanti problemi economici e con dei figli disabili??cosa farebbero coloro che legiferano (abituati ad avere le barche , le vacanze costose e ad avere la spudoratezza anche di apparire sui settimanali Gossip) con appena 1200 euro al mese???Se ci penso ci sentiamo eroi, molti di loro al posto nostro si sarebbero suicidati...
… Grazie, se qualcuno si degna di rispondermi ………Isabella Difonzo

Nota mia: la petizione può essere firmata sul sito http://petizioni.tiscali.it/bastaaitaglisulsostegno

PEACENOW.ORG

Ieri hoparlato dell'organizzazione pacifista israeliana Peacenow. Dal suo sito, pubblicato in lingua inglese (http://www.peacenow.org.il/), traggo la sezione 'about us' (che traduttò quanto prima):


Peace Now is the largest extra-parliamentary movement in Israel, the country’s oldest peace movement and the only peace group to have a broad public base.
The movement was founded in 1978 during the Israeli-Egyptian peace talks. At a moment when these talks appeared to be collapsing, a group of 348 reserve officers and soldiers from Israeli army combat units published an open letter to the Prime Minister of Israel calling upon the government to make sure this opportunity for peace was not lost. Tens of thousands of Israelis sent in support for the letter, and the movement was born.
The basic principles of the movement from the outset were the right of Israel to live within secure borders and the right of our neighbors to do the same, including the right of Palestinians to self-determination. In time the movement became convinced the only viable solution to the conflict was the creation of a Palestinian state in the territories adjacent to Israel, which were occupied as a result of the 1967 war. In 1988, upon PLO acceptance of UNSC resolution 242 and the principle of the two-state solution, Peace Now led a massive demonstration of 100,000 persons calling on the government to negotiate with the PLO. Fully supporting the break-through represented by the 1993 Oslo Accord, Peace Now has consistently supported any and all steps promising to promote a resolution to the conflict, in addition to pressing all Israeli parties in power to initiate steps to bring about an end to the occupation and negotiations for peace.
The activities of Peace Now are partially sponsored by SHA'AL Educational Projects, a registered NGO, which, among other things, implements educational activity for promotion of peace by publicizing informational materials, organizing informational gatherings, etc.
Peace Now operates through public campaigns, advertisements, petitions, distribution of educational materials, conferences and lectures, surveys, dialogue groups, street activities, vigils, and demonstrations. The movement organized the largest demonstration ever held in Israel, some 400,000 people from a population of 5 ½ million in 1982, calling for a commission of inquiry into the Sabra and Chatilla massacre. The commission that was established recommended the removal of Ariel Sharon as Defense Minister.
A particularly important ongoing project of Peace Now is its Settlement Watch, which monitors – and protests, the building of settlements, including housing tenders, expropriation of lands, budget allocations, and the like, along with studying settlers attitudes regarding possible evacuation (and compensation) in the West Bank and East Jerusalem. Known for their credibility and reliability, the data and maps produced in the framework of this project have raised public awareness of the terrible price Israel is paying for these obstacles to peace. Indeed one of the objectives of Peace Now is to convey the sense of the harm incurred to Israel not only by the economic and political aspects of continued occupation, but also the moral damage done to the values and fabric of Israeli society – in addition to the untold hardship incurred on another people, the Palestinians.
While Peace Now is an Israeli movement, working primarily amongst the Israeli public, it also has been engaged over the years in dialogue and joint activities with Palestinians in the occupied territories. The largest such joint activity was a massive Hands Around Jerusalem in 1989 in which some 15,000 Israelis and 15,000 Palestinians called for peace. Shortly after the beginning of the al-Aksa Intifada, the movement was instrumental in the creation of the Israeli Peace Coalition, which evolved into the Israeli-Palestinian Peace Coalition, composed of political and public figures as well as grass-roots activists from both the Israeli and Palestinian mainstream. The movement also conducts joint activities and statements with the Palestinian Peoples Campaign.

domenica 28 settembre 2008

ATTENTATO ALLO STORICO ZEEV STERNHELL, PACIFISTA ISRAELIANO

dalla newslettere ucei informa (http://www.ucei.it/, per contatti info@ucei.it), ricevo, pubblico e aggiungo una piccola nota:

L’attentato terroristico contro Zeev Sternhell, accaduto nella notte tra mercoledì e giovedì a Gerusalemme ha suscitato molte reazioni, ma scarse riflessioni. Una mi sembra rilevante e comunque preliminare. Torna ad essere attuale la possibilità che un individuo si trasformi in un bersaglio in conseguenza di ciò che dice, per le sue opinioni, per ciò che scrive, per i libri che pubblica. Si potrebbe concludere che il giorno in cui questo accade costituisce un pessimo segnale per il futuro possibile di una democrazia. E’ vero. Ma credo che si debba anche aggiungere che questo accade perché anche il presente è problematico e nella quotidianità si è superata una soglia in cui molti freni si perdono. Qualcuno una mattina si è alzato, si è vestito, ha organizzato la sua giornata facendo ordinatamente tutte le cose in cui riconosce valore e a cui affida il senso del suo vivere e fra queste ha pensato bene che occorresse lanciare un avvertimento. Ha perciò ritenuto che l’atto più efficace fosse colpire – o intimidire – un intellettuale e che questo atto fosse coerente con tutto il suo ordine di vita. Non si è trattato di colpirne uno per educarne cento, ma di colpire uno per affermare chi ha il diritto di parola e chi no; che cosa si può e che cosa non si può dire. E, soprattutto, chi ha il potere di arrogarsi questo diritto. E’ sufficiente dire “mai più”?

David Bidussa, storico sociale delle idee

Concordo con quanto scrive Bidussa. Mi permetto solo di aggiungere che Sternhell non è solo uno storico dei fascismi, ma è anche un militante pacifista di Peace Now. Nei suoi libri, editi in Italia da Baldini Castoldi, nega la legittimità giuridica ed etic dell'occupazione dei territori palestinesi occupati con il conflitto del 1967.
Giuliano

sabato 27 settembre 2008

METTIAMO AL BANDO LA PAROLA 'CLANDESTINO' (E NON SOLO QUELLA)

ricevo e pubblico

Inviamo questa mail ai firmatari dell'appello "I media rispettino il popolo rom" per aggiornare sulle iniziative avviate nelle ultime settimane.

- Quest'estate è partita la campagna "Mettiamo al bando la parola clandestino (e non solo quella)". Si chiede ai singoli giornalisti di sottoscrivere l'impegno a non utilizzare nel proprio lavoro parole oggi molto usate, ma che sono scorrette e discriminatorie e perciò contribuiscono a creare un clima di ostilità verso migranti e minoranze.
Qui è possibile trovare l'appello, un glossario-vademecum e l'elenco dei firmatari.

Invitiamo tutti giornalisti e mediattivisti a sottoscriverlo http://www.giornalismi.info/campagne/index.php?id=3&id_topic=10

- Sul sito abbiamo pubblicato alcuni interventi, comparsi sullastampa, che ci paiono significativi:
un articolo di John Foot (su Internazionale) a proposito dell'uso che si fa in Italia della parola clandestino http://www.giornalismi.info/mediarom/articoli/art_1161.html
-un'intervista (da Liberazione) di monsignor Agostino Marchetto, segretario del Pontificio consiglio per i migranti, che spiega perché il Papa parla di irregolari e mai di clandestini http://www.giornalismi.info/mediarom/articoli/art_1167.html
- un intervento di Giuseppe Faso (sul periodico Percorsi di cittadinanza) sull'involuzione del linguaggio che ha portato in pochi anni i media ad usare la parola clandestino http://www.giornalismi.info/mediarom/articoli/art_1187.html
- Una lettera inviata dallo stesso Giuseppe Faso (autore del libro"Lessico del razzismo democratico") al quotidiano La Stampa a proposito di un articolo di cronaca riguardante dei ragazzi rom http://www.giornalismi.info/mediarom/articoli/art_1199.html

Un caro saluto
Giornalisti contro il razzismo www.giornalismi.info/mediarom

per contatti:appellomediarom@gmail.com

venerdì 26 settembre 2008

contro l'ampliamento della base di vicenza

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 590 del 26 settembre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini.
Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Sommario di questo numero:
1. Il 2 ottobre si celebra la Giornata internazionale della nonviolenza
2. Il 5 ottobre a Vicenza
3. Emily Dickinson: Non sappiamo di andare quando andiamo
4. Cio' che tu vedi
5. Mao Valpiana: La bandiera della pace e un assessore disinformato
6. Peppe Sini: Licenza di devastare
7. Dario Salvatori: Bob Dylan
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'

1. INIZIATIVE.
IL 2 OTTOBRE SI CELEBRA LA GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA NONVIOLENZA
Dallo scorso anno l'assemblea generale dell'Onu ha dichiarato "Giornata internazionale della nonviolenza" il 2 ottobre, anniversario della nascita di Gandhi. In questa occasione si svolgeranno molte iniziative anche in varie citta' italiane. Ovunque possibile si promuovano incontri, e particolarmente nelle scuole.

2. INIZIATIVE. IL 5 OTTOBRE A VICENZA
Si svolgera' il 5 ottobre a Vicenza il referendum per impedire la realizzazione della nuova base di guerra "Dal Molin". Sosteniamo l'impegno della popolazione vicentina per la pace, l'ambiente, la democrazia, la legalita', i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Per informazioni e contatti: www.dalmolin5ottobre.it

INTERVISTA A BRUNETTO SALVARANI, TEOLOGO CATTOLICO IMPEGNATO NEL DIALOGO

Buddismo e Società n.105 luglio agosto 2004Intervista a Brunetto Salvarani:TEOLOGO CATTOLICO, IMPEGNATO NEL DIALOGO INTERRELIGIOSODialogo: pensieri, parole e azionidi Maria Lucia De Luca e Romano Jeran

Foto: R.JeranNato a Carpi (Mo), Brunetto Salvarani è stato insegnante di Religione nella scuola media per tre anni e poi docente di Lettere presso il Liceo Scientifico "M. Fanti" di Carpi, fino al 1995. Dopo la laurea in Lettere moderne ha conseguito il Baccellierato in teologia e la licenza in Teologia dell'Evangelizzazione.Da lungo tempo si occupa di dialogo ecumenico e interreligioso avendo fondato nel 1985 la rivista di studi ebraico-cristiani QOL, di cui è direttore, diretto dal 1987 al 1995 il Centro studi religiosi della Fondazione San Carlo di Modena e fatto parte delle redazioni delle riviste Il Regno e CEM Mondialità. Saggista, scrittore e giornalista pubblicista, collabora con parecchie testate. È stato tra i fondatori, sul piano nazionale, del Tribunale per i diritti del malato, e responsabile regionale per l'Emilia Romagna del Movimento Federativo Democratico.Da diversi anni è fra gli esperti nazionali della Caritas Italia, di Pax Christi Italia, di Rinascita cristiana e del Segretariato Attività Ecumeniche, e fa parte del Comitato "Bibbia Cultura Scuola", che si propone di favorire la presenza del testo sacro alla tradizione ebraico-cristiana nel curriculum delle nostre istituzioni scolastiche.È membro dell'ATI (Associazione Teologi Italiani), il principale raggruppamento dei teologi del nostro paese, e dell'AETC, l'associazione dei teologi europei.Attualmente è vicepresidente dell'Associazione italiana degli Amici di Nevé Shalom/Waahat al-Salaam, il "Villaggio della pace" fondato in Israele da padre Bruno Hussar, nonché coordinatore scientifico dal 1996 degli "Incontri cristiano-musulmani" di Modena per conto delle ACLI nazionali.Nel novembre 2001 è stato ideatore di un Appello ecumenico per una Giornata nazionale del dialogo cristiano-islamico (per informazioni si può visitare il sito http:www.ildialogo.org), che si è tenuta in un centinaio di località, da cui è nato il volume, a cura di P. Naso e B. Salvarani, La rivincita del dialogo. Cristiani e musulmani in Italia dopo l'11 settembre (EMI, Bologna 2002).Autore estremamente prolifico, suoi ultimi lavori sono: Per amore di Babilonia. Religioni in dialogo alla fine della cristianità (Diabasis, Reggio Emilia 2000), Le strisce dei lager. I fumetti e la Shoà, con Raffaele Mantegazza (Unicopli, Milano 2000) e - assieme a Fabio Ballabio - Religioni in Italia. Il nuovo pluralismo religioso (EMI, Bologna 2001). Più di recente ha pubblicato A scuola con la Bibbia. Dal libro assente al libro ritrovato (EMI, Bologna 2001, con prefazione di mons. Gianfranco Ravasi). È uscito nel giugno 2003 il Vocabolario minimo del dialogo interreligioso. Per un'educazione all'incontro tra le fedi (EDB, Bologna 2003), ed è appena comparso in libreria In principio era il racconto. Verso una teologia narrativa (EMI, Bologna 2004). In procinto di partire per Israele per la Comunità Nevé Shalom/Wahat al-Salam - della cui associazione italiana è vice presidente - Brunetto Salvarani ci accoglie nel suo ufficio dell'assessorato alle Politiche giovanili del comune di Carpi, che sta lasciando dopo nove anni di lavoro. Teologo cattolico impegnato in prima linea nel dialogo interreligioso, saggista prolifico, politico dedito a rinnovare nei giovani il senso della comunità e della memoria, educatore, uomo di cultura, Salvarani ha un approccio decisamente poliedrico al mondo spirituale e alla realtà concreta. Nell'aprile di quest'anno ha presentato presso il nostro centro culturale di Milano il suo libro Vocabolario minimo del dialogo interreligioso, nel quale parla dei presupposti necessari a un autentico confronto tra le fedi, in una sorta di educazione al dialogo. Da qui è nata l'idea di un'intervista. Come cattolico, cosa la ha portata a occuparsi del dialogo tra le religioni? Da dove comincia il suo percorso?La mia storia è quella di una classe '56 che si trova a vivere il mondo delle parrocchie del post concilio e scopre che il Concilio Vaticano II, in un paese cattolico come l'Italia, ha aperto dei percorsi nuovi. Parliamo dei capisaldi del Concilio. Noi non lo studiamo a scuola, e chi abbandona il sentiero cattolico non ha più occasione di approfondire questo tema.In sintesi, il Concilio Vaticano II lancia alcune parole chiave che danno il senso di un'enorme distanza, non solo cronologica, dall'ultimo concilio vero e proprio, il Concilio di Trento (1545-1563). Ci sono più di quattro secoli di distanza, e c'è veramente l'idea di un nuovo modello di chiesa. La prima parola chiave, "popolo di Dio", riguarda il tema ecclesiale (espresso nel documento Lumen Gentium) e promuove un modello di chiesa non più come gerarchia ma come popolo di Dio di cui fanno parte tutti, clero e laici. Un popolo di Dio che è fatto di gente con storie diverse, carismi diversi e uniti insieme. Viene così recuperata la concezione del Nuovo Testamento, degli Atti degli Apostoli, quando i cristiani vivevano con un cuor solo e un'anima sola. Il secondo tema è quello scritturistico, espresso nel documento Dei Verbum, in cui c'è l'idea che la parola di Dio, la Bibbia, è qualcosa che fonda la comunità, che fonda l'appartenenza cristiana. La parola di Dio non è un elemento che appartiene peculiarmente alla gerarchia, com'era stato nella storia della chiesa cattolica, ma è un punto essenziale, il motore fondamentale della vita cristiana. Ciò apre l'idea che la comunità si fonda sulla lettura della scrittura, sulla meditazione. Un terzo elemento, che si trova nella Sacrosanctum Concilium, è quello della liturgia. Qui c'è la frase famosa che dice che la liturgia (cioè l'eucaristia, il centro della liturgia cristiana) è fons e culmen, quindi da un lato è fonte, radice, e dall'altro è culmen, punto di arrivo. Il valore strategico della eucaristia diventa centrale, ed è quello che assieme alla parola di Dio muove la cristianità.Un elemento ulteriore, che si trova nella Gaudium et Spes, è il discorso del rapporto chiesa-mondo, un tema cruciale che, soprattutto in quegli anni, si pensava un po' ottimisticamente dovesse concludersi con un dialogo aperto e rispettoso. La Gaudium et Spes inizia con le parole: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore». Qui viene chiamata in causa la partecipazione diretta della chiesa, in particolare della chiesa locale. La chiesa non è un mondo separato, ma è invece profondamente partecipe di tutti i problemi della realtà. C'è quindi una scommessa sulla possibilità di dialogo con il mondo contemporaneo, un mondo in cui c'era l'esplodere della scienza, la paura dell'atomica, una guerra fredda ancora molto intensa, il terzo mondo, tutti scenari da cui la chiesa cattolica non poteva chiamarsi fuori. E l'ultimo tema, quello che forse ci interessa di più per la riflessione che stiamo facendo insieme, è espresso nella dichiarazione Nostra Aetate, un breve documento che parla della necessità del dialogo. Nel 1965, quando venne promulgata, c'era Paolo VI ed è il punto di partenza, in ambito cattolico, della strategia del dialogo ecumenico e interreligioso. Questi cinque petali, per usare una metafora cara alla tradizione buddista, formano alla fine un fiore che si chiama ancora Chiesa cattolica ma che rispetto alla Chiesa tridentina (quella del Concilio di Trento) è, almeno potenzialmente, radicalmente diversa. Emana un profumo diverso. Quando ha cominciato ad aprirsi a un confronto con le altre religioni?A un certo punto ho scoperto che certi confini mi stavano un po' stretti, che facevo fatica a restare nella dinamica tradizionale della parrocchia, delle comunità giovanili, e ho avuto bisogno di aprirmi ulteriormente. Io metto come data il 1974, il referendum sul divorzio, che ha puntato il dito sul tema della laicità dell'essere cristiani, sui rapporti nuovi con lo stato, con le altre confessioni religiose, con il marxismo. In quel periodo mi sono messo alla ricerca di qualcosa di più, pur mantenendomi sempre in una dimensione cattolica. Non ho mai avuto dubbi di passaggi ad altre fedi religiose né dubbi di abbandono. Perplessità sì, molte ricerche sì. Però sempre all'interno di una tradizione. E ho cominciato a scoprire l'altro, cioè gli altri percorsi religiosi, e questo è un elemento che trovo decisivo nella mia biografia. Gli studi di teologia mi hanno fatto scoprire la dimensione dell'alterità. All'inizio l'altro è stato l'ebreo, l'Ebraismo, che ho scoperto studiando la Bibbia e che ha voluto dire l'apertura di un mondo straordinario, la scoperta della radice santa della fede cristiana, rispetto alla quale nessun confronto con altri credi potrebbe essere paritario. È la scoperta di tuo papà, di tua mamma, che non avevi conosciuto, anzi, molto peggio, che ti avevano indotto a pensare fossero brutte persone. Una scoperta meravigliosa. Scopri soprattutto una relazione, scopri che vieni da lì. Anche se non ho mai pensato di diventare ebreo. Ora sto per fare il decimo viaggio in Israele. La prima volta che ci sono andato, nel 1979, mi sono sentito girare la testa, mi sono reso conto della scoperta di un'appartenenza, di una passione. E quindi ho cominciato a occuparmi della comunità Nevé Shalom/Wahat al-Salam, della cui associazione italiana ora sono vicepresidente. Cos'è la comunità Nevé Shalom/Wahat al-Salam?Prima di parlare di Nevé Shalom/Wahat al-Salam è necessario parlare del suo fondatore, Bruno Hussar, una delle persone che più hanno contribuito alla Nostra Aetate con la sua eccezionale esperienza di uomo dalle quattro identità: «Sono un prete cattolico - diceva nella sua autobiografia Quando la nube si alzava - sono ebreo, cittadino israeliano, sono nato in Egitto dove ho vissuto diciotto anni. Porto quindi in me quattro identità: sono veramente cristiano e prete, veramente ebreo, veramente israeliano e mi sento pure assai vicino agli arabi, che conosco». Cosmopolita è dire poco. Hussar era un uomo di sogni, un uomo di visioni, e raccontava che in Israele si può sognare, perché lì i sogni si avverano. E lui stesso ha prodotto una serie di sogni, tra cui la Casa di Sant'Isaia - un centro di studi sull'Ebraismo - che è stata la sede di una serie di ricerche e di lavori sul rapporto tra Cristianesimo e Terra, tra Bibbia e Terra. E ha fondato nel 1972 Nevé Shalom/Wahat al-Salam (che significa in ebraico e arabo "Oasi di pace", l'oasi che il Signore promette in Isaia 32, 18: «Il mio popolo abiterà un Nevé Shalom»).Questo è un altro sogno: l'ipotesi che, nonostante il conflitto, e attraverso la gestione del conflitto, si possa arrivare a una condizione di rispetto reciproco e di pace nel senso profondo. Nevé Shalom/Wahat al-Salam è una comunità in cui convivono musulmani ed ebrei. Ci sono due luoghi cruciali di questo posto, che esiste ancora oggi sebbene Hussar sia morto nel 1996 e nonostante quello che sta succedendo in questi giorni, mesi, anni. Uno di questi è la Scuola per la pace, dove si è passati dalle scuole della guerra, che insegnano le armi, a una scuola che insegna la pace. E qui sono passate molte migliaia di persone appartenenti a diversi gruppi in conflitto. L'altro luogo è Dumia, che significa "silenzio profondo". Hussar aveva inizialmente pensato a una specie di chiesa a tre ante con spazi per i cristiani, gli ebrei e i musulmani. Ma quando il "quarto", un capofamiglia agnostico, gli fece notare che per loro lì non c'era spazio, capì che non era ancora il momento per una cosa del genere, ma era il tempo del silenzio. Una realtà che io trovo ancora più profetica, soprattutto se la leggo attraverso il filtro delle parole di Gesù alla samaritana, come è scritto nel Vangelo di Giovanni (4, 21-24): «Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte né in Gerusalemme adorerete il Padre. [...] Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità». Hussar capì che la strada era il silenzio e Dumia è il segno del silenzio, anche perché in questo momento purtroppo gli esseri umani - lui lo ripeteva sempre - non riescono a far la pace, riescono solo a fare la guerra. Soprattutto in Israele le religioni non sono un luogo di pace, ma sono motivi di conflitti. Ecco allora il tentativo, la necessità di doversi fermare e stare in silenzio. È stato un grande privilegio averlo conosciuto. Quanto è importante dialogare oggi?Io credo che il dialogo oggi sia una parola indispensabile, una di quelle scelte di fondo decisive non per il Cristianesimo, l'Ebraismo, l'Islam, ma per l'uomo o la donna di fede oggi. Ad Assisi, tanti anni fa, ebbi la fortuna di presentare tra loro Bruno Hussar e Raimon Panikkar (filosofo, teologo tra i principali esperti di relazioni interculturali), due "giganti" del dialogo. Eravamo davanti a Santa Maria degli Angeli e io chiesi quale sarebbe stato secondo loro il tema del prossimo concilio della Chiesa cattolica.

Foto: R.JeranNella diversità delle risposte si vede sia la distanza sia la sinergia tra i due: Hussar rispose che il prossimo concilio dovrà ragionare sulla riscoperta della dimensione ebraica di Gesù e sui riflessi di ciò sul piano pastorale, ecclesiale, persino dogmatico. Una sorta di nuovo Concilio di Gerusalemme, dopo quello del 48 d.C. di cui si parla negli Atti degli Apostoli. Panikkar rispose che secondo lui il Concilio Vaticano III sarà quello che metterà a confronto le diverse letture di Gesù che nascono soprattutto nel sud del mondo, in America, in Africa, in Asia, e quindi dovrà incentrarsi sul tema dell'inculturazione. Il tema dei temi è quindi Gesù di Nazareth, ciò che distingue il Cristianesimo da tutto il resto. Due poli di lettura di Gesù, da un lato ebreo, figlio d'Israele, Rabbi, rivoluzionario ma figlio fedele di una tradizione, dall'altro Gesù che fa i conti con le diverse lingue, le diverse culture, soprattutto in una chiesa che si sta meridionalizzando, come scrive lo studioso Philip Jenkins nel suo ultimo libro La terza chiesa. Il Cristianesimo nel XXI secolo (Fazi editore 2004).Questa lettura tra mondi diversi ha fatto sì che mi aprissi al dialogo a tutto campo. Ho scoperto l'Islam, stavolta non tanto per curiosità intellettuale ma per conoscere il mondo islamico italiano ed europeo con cui cominciavo ad aver a che fare direttamente. Poi mi sono avvicinato al Buddismo, e ho anche scritto con Fabio Ballabio un piccolo libro sul Buddismo in Italia.Ho capito che non ci possono essere delle specializzazioni, nel senso che il dialogo è un imprinting, un modulo per rapportarsi all'altro, qualsiasi scelta politica, religiosa, culturale, sociale, egli o ella abbia fatto. Il problema è quello di porsi in un atteggiamento di dialogo con tutti e con tutto, e questo tutto nella tradizione cristiana è il creato, la natura, il mondo animale. C'è un disegno divino anche per loro: «Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino a oggi nelle doglie del parto» (Lettera ai Romani, 8, 19-22). Il dialogo è un atteggiamento mentale, culturale e teologico, una scelta di fondo, una scelta strategica a partire dal Concilio Vaticano II. Giovanni Paolo II lo riprende continuamente. Nell'enciclica Ut unum sint del 1995 parla soprattutto del dialogo ecumenico, ma sostiene che il dialogo è il modo nuovo di essere chiesa. L'essenza del dialogo sta nella relazione tra identità e differenza. Come porsi in un dialogo interreligioso, in un momento in cui sembra tutto religione, tutto mistico?Questa è un'occasione e un problema insieme. Quando ho incominciato a studiare teologia gli amici mi guardavano più che stupiti, oggi invece tutto è religione, tutto è sacro. Parlo di quella che viene chiamata New o Next Age, che non disprezzo affatto perché esprime un bisogno di religiosità che non è stato interpretato dalle chiese storiche. Però un'operazione di mescolanza, ad esempio di pezzi di Buddismo, pezzi di Cristianesimo, pezzi di mistica ebraica, mi pare sia destinata a rimanere da un lato nel regno della fascinazione e dall'altro nella pura ricerca di tecniche appropriate, ma non dà senso alla vita. Il rischio è quello del supermarket multireligioso, dove non c'è più nessuna distinzione. Il fatto che alla fine prevalga un senso indistinto di clima religioso è senz'altro meglio dell'ostilità, ma non è molto diverso dall'indifferenza. L'incontro, il vero dialogo, non può avvenire solo sul piano intellettuale. Qual è il vero nucleo del dialogo?Credo che il dialogo sia sempre una relazione, un rapporto. Quindi deve essere una relazione con qualcosa o con qualcuno. Può essere anche un rapporto intellettuale, quindi sia con una persona sia con un testo, con una musica, o un rapporto diretto tra persone, animali, ecc. Ed è una relazione anche con te stesso, un dialogo al tuo interno. L'esperienza monastica cristiana vive molto di questo tipo di dialogo con se stessi, anche di lotta con se stessi. Un'esperienza di silenzio che è così difficile ottenere oggi nel caos della nostra vita quotidiana.Quindi il dialogo per me è soprattutto una relazione, una scelta, una strategia che ha in prima battuta una parola chiave: l'empatia nei confronti dell'alterità. Non ci può essere dialogo se non c'è una disponibilità empatica che - al di là delle definizioni teoriche e psicologiche - vuol dire guardare negli occhi qualcuno e non necessariamente considerarlo più un nemico che un amico. Quello che invece oggi accade. Noi viviamo in un mondo in cui l'altro è quasi sempre potenzialmente un nemico. Questo è il dramma che stiamo vivendo, la barbarie che stiamo vivendo. L'empatia secondo me vuol dire questo sguardo, questa tensione, questa apertura. E cos'è che falsifica il dialogo?Potremmo tornare a quello che sosteneva Kant, usare l'altro come mezzo e non considerarlo un fine. Usarlo come strumento per fare qualcosa. Nel suo libro Vocabolario minimo del dialogo interreligioso parla di diversi livelli di dialogo. Sì. Può esserci un dialogo a partire dalla conoscenza reciproca semplice, quello molto umano che nasce dalla convivenza. C'è un dialogo morale, che vuol dire lavorare assieme in vista di obiettivi comuni, ai quali collaborano uomini e donne di religioni diverse. Poi c'è un dialogo più intellettuale, che nasce dalla teologia, dallo studio insieme, dall'individuare percorsi comuni tra le diverse correnti religiose. Il quarto livello è quello della spiritualità, che può arrivare anche a una preghiera, a una meditazione comune. Occorrono però persone capaci di lavorare in un campo così delicato. Il dialogo è una cosa seria che rischia, se non lo pratichi con la dovuta attenzione, anche di bruciarti. Tante persone affascinate da questo tipo di possibilità si sono illuse e poi hanno avuto delusioni terribili.Se ciascuno di noi ha un percorso personale, su cosa si incontrano le religioni? Si può trovare una modalità spirituale comune oppure è meglio lavorare su un'etica globale nuova che accomuni tanti percorsi diversi su alcune tematiche?Questo è il percorso di Hans Kung per un'etica globale, dove le religioni dovrebbero costituire una sorta di anima comune del mondo. È un tema affascinante, ma è uno dei percorsi possibili. Una cosa mi preme dire sul Buddismo. Nel quadro di una prospettiva mondiale io trovo che il Cristianesimo e il Buddismo abbiano una sintonia forte, profonda, che non viene sempre sottolineata: la dimensione anti idolatrica. Per me è la cosa che hanno maggiormente in comune. Il fatto di mettere al centro l'essere umano?Qualcosa di più. Yeshua ben Yosef (Gesù) e Shakyamuni Gotama Siddharta hanno una profonda sintonia, sono due anime grandi nel pensiero religioso di tutti i tempi. Entrambi lottano contro gli idoli, e contro il fatto che l'essere umano è bravissimo a costruirsi idoli da sé. Mi colpisce che questi due grandi uomini si trovino vicini su questo punto cruciale. Io credo che un rapporto approfondito tra cristiani e buddisti sulla scorta di questa prossimità teologica potrebbe essere molto ricco.Perché invece, lo dico rischiando la banalità, l'immagine che gli occidentali hanno di solito del Buddismo è quello di una realtà totalmente disincarnata rispetto ai problemi della quotidianità, in particolare della politica, e di una religione talmente sui generis da non essere neppure una religione, bensì un pensiero filosofico. Direi che questo è un po' il giudizio-pregiudizio diffuso.Quale relazione c'è oggi tra religione e politica?Sicuramente bisogna distinguere tra le diverse religioni, nel senso che il Cristianesimo ormai ha acquisito, salvo eccezioni, la dimensione della laicità della politica. La politica è una dimensione laica che non deriva direttamente da una scelta religiosa. Oggi la politica sta vivendo uno dei momenti più bassi della sua storia, non solo in questo paese. La politica nel senso di democrazia rappresentativa, nel senso di servizio. E invece "servizio" oggi sembra quasi una parola fuori luogo. Con i riflessi che vediamo nelle giovani generazioni e che personalmente mi preoccupano molto. Noi qui a Carpi abbiamo inventato degli stratagemmi. Uno di questi è la Giornata della comunità, che ha cadenza annuale, dedicata ai ragazzi che in quell'anno compiono diciotto anni e diventano adulti. Li raduniamo insieme e consegniamo loro due documenti: lo statuto del Comune di Carpi e la Costituzione. La chiamiamo Giornata della comunità, perché dietro c'è il desiderio di sviluppare la consapevolezza della dimensione di comunità del nostro paese e delle nostre città. E del fatto che oggi il tema centrale è quello di ricostruire da capo dei rapporti. Nel dialogo oggi si deve ricominciare da capo, non dare per scontato nulla. Ripartire da zero e senza paura di far qualcosa in più, perché purtroppo ce n'è un bisogno enorme. Anche nella politica io credo che l'obiettivo sia quello di ricostruire un tessuto di rapporti che produca una comunità, una condivisione di storie. In questo senso, come produttrici di grandi racconti più o meno in crisi, le religioni e la politica potrebbero forse aiutarsi a vicenda. Per prendere poi strade diverse. In una condizione di rispetto reciproco e di attenzione verso le differenze potrebbero collaborare per ricostruire quella che il papa e il presidente della Repubblica Ciampi chiamano "riconciliazione delle memorie", la ricostruzione di una memoria condivisa. Un processo necessario per far sì che anche in ambito politico i contendenti siano percepiti come avversari e non nemici. Avversari politici e non nemici da combattere.

tratto dal sito www.sgi-italia.org

giovedì 25 settembre 2008

LA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Riporto alcuni testi dal numero di ieri del Notiziario telematico La nonviolenza in cammino.

Da oggi e fino al 4 ottobre, pubblicherò testi che spieghino le ragioni del SI' al referendum contro l'ampliamento della base di Vicenza.

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 589 del 25 settembre 2008

Sommario di questo numero:
1. Oggi a Viterbo
2. Il 2 ottobre si celebra la Giornata internazionale della nonviolenza
3. Tornado
4. Il 5 ottobre a Vicenza
5. Michele Boato: Il 5 ottobre a Vicenza un'occasione da non perdere
6. Pippo Magnaguagno: Il 5 ottobre a Vicenza per ripudiare la guerra
7. Giulio Vittorangeli: Un paese normale
8. Un appello contro il razzismo
9. Enrico Pugliese: Una strage di lavoratori
10. L'associazione "Punto rosso" ricorda Federico Ceratti
11. Lance Henson ricorda Abdul "Abba" Guibre
12. Silvana Silvestri ricorda Florestano Vancini
13. Letture: Maria Bettetini, Introduzione a Agostino
14. Letture: Manuela Fraire e Rossana Rossanda, La perdita
15. Letture: Fernanda Pivano, I miei amici cantautori
16. La "Carta" del Movimento Nonviolento
17. Per saperne di piu'

4. INIZIATIVE. IL 5 OTTOBRE A VICENZA

Si svolgera' il 5 ottobre a Vicenza il referendum per impedire la
realizzazione della nuova base di guerra "Dal Molin". Per informazioni e
contatti: www.dalmolin5ottobre.it

5. SI' ALLA PACE, SI' ALLA DEMOCRAZIA. MICHELE BOATO: IL 5 OTTOBRE A VICENZA
UN'OCCASIONE DA NON PERDERE
[Ringraziamo Michele Boato (per contatti: micheleboato@tin.it) per questo
intervento.
Michele Boato e' nato nel 1947, docente di economia, impegnato contro la
nocivita' dell'industria chimica dalla fine degli anni '60, e' impegnato da
sempre nei movimenti pacifisti, ecologisti, nonviolenti. Animatore di
numerose esperienze didattiche e di impegno civile, direttore della storica
rivista "Smog e dintorni", impegnato nell'Ecoistituto del Veneto "Alexander
Langer", animatore del bellissimo periodico "Gaia" e del foglio locale "Tera
e Aqua". Ha promosso la prima Universita' Verde in Italia. Parlamentare nel
1987 (e dimessosi per rotazione un anno dopo), ha promosso e fatto votare
importanti leggi contro l'inquinamento. Con significative campagne
nonviolente ottiene la pedonalizzazione del centro storico di Mestre,
contrasta i fanghi industriali di Marghera. E' impegnato nella campagna
"Meno rifiuti". E' stato anche presidente della FederConsumatori. Gia'
apprezzato assessore regionale del Veneto. Con Mao Valpiana e Maria G. Di
Rienzo ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne
e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" da cui e' scaturita
l'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 e quindi il manifesto "Una rete di
donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza". E' una delle
figure piu' significative dell'impegno ecopacifista e nonviolento, che ha
saputo unire ampiezza di analisi e concretezza di risultati, ed un costante
atteggiamento di attenzione alle persone rispettandone e valorizzandone
dignita' e sensibilita'. Tra le opere di Michele Boato: ha curato diverse
pubblicazioni soprattutto in forma di strumenti di lavoro; cfr. ad esempio:
Conserva la carta, puoi salvare un albero (con Mario Breda); Ecologia a
scuola; Dopo Chernobyl (con Angelo Fodde); Adriatico, una catastrofe
annunciata; tutti nei "libri verdi", Mestre; nella collana "tam tam libri"
ha curato: Invece della tv rinverdire la scuola (con Marco Scacchetti); Erre
magica: riparare riusare riciclare (con Angelo Favalli); In laguna (con
Marina Stevenato); Verdi tra governo e opposizione (con Giovanna Ricoveri).
Un'ampia intervista a Michele Boato curata da Diana Napoli e' apparsa nei
nn. 157-158 di "Voci e volti della nonviolenza"]

Quella del 5 ottobre a Vicenza e' un'occasione da non perdere.
I referendum locali sono importantissimi per superare, in parte, il deficit
di democrazia reale che c'e' oggi in Italia.
Lo abbiamo sperimentato, per esempio, due anni fa a Venezia con la
consultazione (osteggiata persino da vari ministri del governo di allora, il
governo Prodi) sul permanere o meno a Marghera della chimica del cloro, la
chimica del fosgene e dei cancerogeni.
La partecipazione e' stata molto larga, pur essendosi tenuto in luglio (!) e
i risultati all'80 e piu' per cento a favore dell'eliminazione della chimica
di morte. L'anno dopo, agosto 2007, la multinazionale Dow Chemichal ha
chiuso l'impianto del fosgene per eccessiva "incompatibilita' ambientale"
nel senso dell'opposizione popolare.
Ora si va verso la chiusura del resto della filiera del cloro e, anche se
autorita', sindacati e industriali si guardano bene dall'ammetterlo, buona
parte del merito va proprio alla mobilitazione di base e al risultato della
consultazione (quasi) referendaria.
Quindi tutti a votare contro l'ennesima base militare e per un uso
intelligente e sano del nostro territorio.

6. SI' ALLA PACE, SI' ALLA DEMOCRAZIA. PIPPO MAGNAGUAGNO: IL 5 OTTOBRE A
VICENZA PER RIPUDIARE LA GUERRA
[Ringraziamo Pippo Magnaguagno (per contatti: pippomagna@lillinet.org) per
questo intervento.
Filippo (Pippo) Magnaguagno, amico della nonviolenza, e' tra gli animatori
della Rete Lilliput, del "Comitato piu' democrazia e partecipazione", di
varie altre esperienze di pace e di solidarieta', e del movimento che a
Vicenza si oppone alla nuova base militare straniera "Dal Molin"]

La consultazione del 5 ottobre a Vicenza sulla base "Dal Molin" e' la parte
piu' importante e innovativa di questa vicenda.
Gli stessi militari Usa danno estrema attenzione nei confronti di questo
strumento, che ha gia' prodotto risultati (negativi per i militari, positivi
per l'umanita') in Giappone e a Portorico.
*
Come sostenuto dal sindaco di Vicenza, un Paese amico dovrebbe tenere in
considerazione l'opinione della citta' che lo ospita nonche' quella degli
organi istituzionali. Naturalmente e' bene ricordare la differenza tra
"espressione" e "decisione", in quanto i detrattori locali e nazionali della
consultazione stanno cercando di confondere le acque: in termini procedurali
ovviamente la decisione ultima su questi temi spetta (qualora l'iter
legislativo fosse stato corretto) ai competenti organi istituzionali in base
alla legge 898/76; ma l'espressione della cittadinanza vicentina, in quanto
espressione della volonta' della popolazione, e' tutelata dall'articolo 21
della Costituzione (e nella gerarchia delle fonti di diritto nel nostro
ordinamento giuridico la Costituzione come e' noto ha la primazia) ed e'
quindi sempre legittima. Con la consultazione del 5 ottobre, i vicentini si
esprimeranno: tutto qui, ed e' significativo che proprio questo fatto di
democrazia - l'espressione della volonta' popolare - costituisca la piu'
grande preoccupazione dei sostenitori della base Setaf.
*
La consultazione si terra' il 5 di ottobre e, nonostante le resistenze di
settori politici filogovernativi che hanno tentato di annullarne
l'attuazione, si tratta di un momento storico in cui i cittadini saranno
chiamati ad esprimere un'opinione sull'utilizzo dell'area in questione: il
quesito del referendum consultivo infatti recita "E' Lei favorevole alla
adozione da parte del consiglio comunale di Vicenza, nella sua funzione di
organo di indirizzo politico-amministrativo, di una deliberazione per
l'avvio del procedimento di acquisizione al patrimonio comunale, previa
sdemanializzazione, dell'area aeroportuale 'Dal Molin' - ove e' prevista la
realizzazione di una base militare statunitense - da destinare ad usi di
interesse collettivo salvaguardando l'integrita' ambientale del sito?".
I detrattori di tale momento di democrazia adducono obiezioni speciose e
mistificanti; e' invece del tutto evidente che si dovra' conto della
volonta' che verra' espressa dai cittadini (quale che essa sia).
Se questa volonta' sara' positiva si aggiungera' agli altri risultati
ottenuti in altre parti del mondo che testimoniano come le popolazioni non
vogliano le basi militari.
*
Ribadiamo che cio' che conta e' l'espressione popolare, dato anche che, da
un recente sondaggio apparso sul "Corriere veneto", l'80% dei cittadini di
Vicenza vuole la consultazione.
Comunque vada si tratta di un importantissimo precedente: la gente puo'
esprimersi (e lo fa) sulla presenza militare Usa sul suolo italiano; un
altro tassello di un intricatissimo percorso che dovrebbe anche portare alla
desecretazione degli accordi militari segreti del '48 e '54 dimostrandone
quindi l'intrinseca, se non palese, incostituzionalita'. Da quel momento in
poi il percorso dovrebbe essere piu' snello, ammesso che per quel giorno la
nostra Costituzione esista ancora o abbia conservato la maggior parte del
suo alto contenuto di ripudio alla guerra.

martedì 23 settembre 2008

Sotto il vestito, niente

Pubblico questo articolo dell'amico Marino Marciano, tratto da http://www.laburismo.blogspot.com/.

Il Governo Berlusconi ha, fin dal suo insediamento, indossato l’abito dell’efficienza nel tentativo di marcare una differenza con il precedente, guidato da Romano Prodi.Ricordiamo tutti i roboanti proclami con cui venivano affrontate le varie emergenze. Soprattutto su alcuni argomenti si sono spesi i ministri e lo stesso Berlusconi: scuola, sicurezza, rifiuti, Alitalia ed economia.Sottaciuta, guarda caso, la giustizia su cui, al contrario, si è realizzato il vero assalto alla diligenza. Tutto, ovviamente, per mettere il grande capo al sicuro dalle sue disavventure giudiziarie, fino al famigerato lodo Alfano che riconosce una sorta di salvacondotto alle quattro più alte cariche dello stato.Non è ancora finita, ad ascoltare i boatos, l’assalto alla Magistratura, fino a dichiarare che si costringeranno i pm a presentarsi “col cappello in mano” ai giudici. Ce ne sarebbe abbastanza per riempire le piazze a difesa della democrazia, ma pare che questo sia un argomento poco interessante, come dimostrano anche le reazioni (le non reazioni) alle dichiarazioni di Larussa e Alemanno. Anzi il gradimento del premier (carica inventata da Berlusconi e non presente in nessun articolo della nostra costituzione per darsi un aura di internazionalità) è in ascesa, insieme al suo governo cui si riconosce la capacità di incidere sulla realtà italiana.Ma a me pare che sotto il vestito dell’efficienza non ci sia in effetti niente.La criminalità continua a fare i propri affari, in barba ai soldati schierati nelle grandi città. Camorra e mafia agiscono indisturbate nei loro ambiti di riferimento, con omicidi, stragi, pizzo, intimidazioni e spaccio.Ma forse è ad un altro tipo di sicurezza che si voleva tutelare? Quella in nome della quale due negozianti massacrano a sprangate un ragazzo reo di ave rubato un pacco di biscotti e di avere la pelle nera? O quella messa in pericolo da qualche povera ragazza costretta a prostituirsi per strada (quelle che sono costrette a farlo in casa, ovviamente, non sono in discussione. Tra quattro mura non esiste sfruttamento, né schiavitù. Le donne lo fanno per esclusivo loro piacere ed interesse e non esiste né racket né violenza)?E che dire della scuola? La grande riforma Gelmini avrà come primo risultato la cancellazione del tempo pieno (se non fosse così non potrebbe esistere il tanto decantato maestro unico) e di ridare ovviamente fiato alle scuole private (ovviamente in massima parte cattoliche) che vedranno moltiplicate le iscrizioni da parte dei genitori che vedono nel tempo pieno anche un modo che consente loro di avere un lavoro e quindi un tenore di vita adeguato. E i rifiuti? Non occorre spendere parole, è sufficiente guardare le foto che pubblico qui, scattate il 5 settembre da Macbeth, estensore del blog emergenzarisolta.blogspot.com, che invito tutti a visitare per avere ulteriori informazioni sul tema.E l’Alitalia? Nel momento in cui scrivo ancora non si conosce l’esito. Ma qualunque esso sia è evidente che, nel migliore dei casi, tutti i debiti della compagnia saranno scaricati sul bilancio pubblico, e quindi sulle nostre tasche. Nel peggiore decine di migliaia di posti di lavoro, tra diretti e dell’indotto, verranno persi ed il turismo italiano (una delle fonti principali di reddito del Paese) avrà un colpo durissimo, in nome della difesa dell’aeroporto di Malpensa da parte della Lega e dell’uso strumentale che Berlusconi ha fatto della vicenda in campagna elettorale, che hanno provocato il naufragio dell’accordo con Air France (per dare a Cesare quello che gli compete, non va dimenticato, in quel caso anche la miopia dei sindacati).Che dire dell’economia: certo, è vero, il Governo ha cancellato l’Ici (solo una parte, il 40% era già stata cancellata dal governo Prodi), ma ancora non si vedono i provvedimenti compensativi a favore dei Comuni (che sull’Ici vivono e fanno vivere i servizi verso le fasce più deboli), il ministro Tremonti ha già dichiarato che le tasse verranno ridotte solo nell’arco della legislatura, che significa probabilmente mai, ed il PIL viaggia in modo pericoloso verso lo zero, per non dire sotto.L’economia italiana, che poi vuol dire il tenore di vita delle persone, la ricchezza dei singoli, il numero delle volte che possiamo portare a cena fuori la famiglia, la fidanzata o il ragazzo, o andare a cinema o anche soltanto comprare le scarpe nuove al bambino, ristagna in maniera pericolosa. Certo l’economia italiana non può non risentire della congiuntura internazione, della crisi dei mutui sub-prime americani che presto arriverà anche in Europa, del caro-petrolio, ma nel nostro paese la congiuntura è più grave che altrove per alcuni motivi che vanno dalla debolezza e provincialità strutturale del nostro capitalismo, all’enormità del debito pubblico che drena risorse se non altro per pagarne gli interessi, alla condizione dei lavoratori dipendenti su cui si scarica il maggior peso della fiscalità. Su questo il Governo dovrebbe intervenire, su questo il Governo non interviene: per incapacità o perché i suoi riferimenti ed i suoi obbiettivi sono altri? I lavoratori e le lavoratrici che l’hanno votato e lo sostengono riflettano e si diano delle risposte. Nel loro interesse.Post Scriptum: non ho capito o mi è sfuggita la posizione del Governo ombra del PD sulla vicenda Alitalia. Continuo ad aspettare una presa di posizione del ministro ombra Colaninno sulla vicenda che vede coinvolto l’imprenditore Colaninno (suo padre). Il conflitto di interessi riguarda solo gli altri?

lunedì 22 settembre 2008

FERMIAMO L'AMPLIAMENTO DELLA BASE DI VICENZA

a vicenza votiamo SI' al referendum !
I No Dal Molin verso il referendum del 5 ottobre
Gianni Belloni
[8 Settembre 2008]
Le cariche di polizia, carabinieri e guardia di finanza, al sit in pacifico, ed autorizzato, di sabato scorso, hanno segnato un radicale cambio di fase per il movimento vicentino «No dal Molin». Si è trattato del primo vero e proprio «contatto» – documentato da un video che sta facendo il giro del rete e incredibilmente definito dalla stampa vicentina «tafferugli» – tra il movimento e le forze dell’ordine, a parte l’episodio minore accaduto alla stazione ferroviaria ai primi di agosto dopo la consegna ufficiale dell’area dal Molin agli americani. «Contatto» che viene analizzato e soppesato nelle riunioni che si susseguono presso l’affollatissimo festival, organizzato dal presidio permanente, in corso a Caldogno, nella cintura periferica di Vicenza e a poche centinaia di metri dall’aeroporto Dal Molin. «Tra la lettera Di Berlusconi al sindaco vicentino Achille Variati, giunta venerdì e in cui si chiede l’annullamento del programmato referendum sulla nuova base militare, e le cariche di sabato mattina – racconta Marco Palma, portavoce del movimento No Dal Molin – si va concretizzando quanto auspicato dal commissario governativo Paolo Costa non più di un anno fa: estirpare il dissenso vicentino dalle radici». «Dopo quella indirizzata a Variati, le cariche della polizia rappresentano la seconda lettera del governo ai vicentini – analizza Francesco Pavin del movimento contro la base – che, in vista del referendum del 5 ottobre, dovranno affrontare un momento politico teso e cruciale».
Il cambiamento di fase non impedisce al movimento di confermare le mobilitazioni già in programma, come quella prevista per mercoledì prossimo, in occasione della visita in città del ministro della cultura Sandro Bondi, probabilmente accompagnato dall’ex sindaco di Forza Italia Enrico Hullweck. «Sarà un’occasione – racconta Palma – per informare, con video, volantini, foto ed un dossier preparato ad hoc, i cittadini vicentini di quello che veramente è accaduto sabato scorso: una carica a freddo contro un sit in pacifico». Sul fronte istituzionale, nel frattempo, si muove Cinzia Bottene, consigliere comunale della lista ‘Vicenza libera’, diretta espressione del presidio permanente, che domani mattina incontrerà il sindaco Variati anche per presentargli il video della manifestazione «perché possa rendersi conto degli atti di violenza compiuti contro cittadini vicentini inermi» e che in serata depositerà, durante il previsto consiglio comunale, una interrogazione in merito al comportamento della polizia.
L’appuntamento più atteso è comunque quello della manifestazione di sabato 13 settembre quando il movimento No Dal Molin ha in programma un corteo pomeridiano per le strade di Vicenza: un test per misurare quanto l’intervento delle forze dell’ordine possa aver davvero allontanato, come si paventa, i vicentini dalle mobilitazioni. Nel frattempo è partita la richiesta di dimissioni del questore Giovanni Sarlo – «portatore in città di meccanismi di violenza» è l’asciutta definzione di Palma – presente durante le cariche di sabato mattina. E’ dal suo insediamento, i primi giorni di questa anno, che si registrano tensioni durante le frequenti iniziative dei «No Dal Molin»: «prima del suo arrivo passato tutto si era svolto nella massima tranquillità – sottolinea Palma-, alla richiesta di dimissioni – racconta – speriamo si associno in tanti, paradossalmente anche di chi è per il sì alla base, è una ‘semplice’ questione di agibilità democratica». In questi giorni il festival prosegue macinando, tra concerti, dibattito e ottima cucina, centinaia e centinaia di presenze e mostrando con tutta evidenza il carattere popolare del movimento e la simpatia della cittadinanza per le ragioni dei «No dal Molin». Un segnale di buon auspicio per le sorti del referendum del 5 ottobre e un vero e proprio incubo per i responsabili politici ed istituzionali del paese.

Tratta dal sito:
www.carta.org/campagne


DEMOCRAZIA E CONOSCENZA: UN CONVEGNO

Giovedì 9 ottobre 2008 ore 9.00 - 19.00

Venerdì 10 ottobre 2008 ore 9.00 - 19.00

Edificio U6 - Università degli Studi di Milano-Bicocca -
Piazza dell'Ateneo Nuovo, 1 - Milano


In occasione della celebrazione del Decennale dell'Università degli Studi di Milano-Bicocca, la Facoltà di Scienze della Formazione ha il piacere di invitarLa al convegno Democrazia e Conoscenza, una conferenza che intende proporre una riflessione pubblica intorno al tema cruciale del rapporto tra 'democrazia' e 'conoscenza'.

Il convegno, strutturato in due giornate, ha l'obiettivo di discutere una serie di tematiche relative al significato di 'democrazia', al rapporto che l'Università può istituire tra democrazia e conoscenza, al modo in cui l'Università può proporre una formazione all'insegna della democrazia e della conoscenza e come effettivo dialogo tra promozione culturale ed esigenze e diritti dei giovani e della cittadinanza.

Il Convegno consiste in alcune sessioni Plenarie: quella iniziale del 9 ottobre vede la presenza di Salvatore Natoli, Valerio Onida, Silvio Garattini, Eva Cantarella, Marta Cartabia, Susanna Mantovani, Giancarlo Bosetti, ed è dedicata a definire la cornice del Convegno, attraverso l'individuazione dei temi centrali.
Nel pomeriggio una sessione Plenaria ospiterà un dibattito tra il Ten. Col. Luciano Garofano, Comandante del RIS di Parma, e la dott.ssa Ilda Boccassini, Magistrato della Procura di Milano.
Alla chiusura dei lavori, il 10 ottobre, la sessione Penaria del pomeriggio è dedicata al rapporto tra Letteratura e Democrazia, che vedrà discutere tra loro Mario Barenghi, Bruno Arpaia, Vincenzo Consolo, Goffredo Fofi, Antonio Franchini, Antonio Prete, Helena Janeczek.

Il pomeriggio del 9 e la mattina del 10 sono strutturati in sessioni Parallele, dedicate a tematiche diverse fra loro ma connesse dal comune riferimento alla importante questione del rapporto possibile tra democrazia e conoscenza, pratica della democrazia e Università.
In particolare si parlerà di Scuola e Democrazia, di Diverse abilità, diritti, partecipazione, di Scienza e democrazia, di Democrazia di genere e processi formativi, di Esperienze di emancipazione nel disagio e nella marginalità sociale, di Forme e paradossi della democrazia digitale, tra protesi cognitive, social networking, blogosfera e wikiscienza.
Negli Spazi aperti, che accompagneranno costantemente i lavori del Convegno, segnaliamo, tra le altre possibilità, uno spazio dedicato, tramite dibattiti ed esposizioni, alla Editoria scolastica e
letteratura per l'infanzia e a una mostra scientifica-interattiva Su e giù dalle scale dimensionali.

Il convegno si concluderà infine il pomeriggio del 10 con un intervento di Moni Ovadia.

Il Convegno rientra fra le iniziative di aggiornamento e formazione riconosciute dall' Amministrazione scolastica.
L'attestato di partecipazione verrà rilasciato a fine Convegno a tutti gli iscritti che ne faranno richiesta alla Segreteria Organizzativa.

E' gradita conferma della partecipazione sul Sito del Convegno
http://www.formazione.unimib.it/v2/Default.asp?idPagine=562&funzione=

Inviamo, in allegato, il programma e la locandina del convegno.L'ingresso è aperto a tutti, Vi invitiamo gentilmente a diffondere l'evento.

Nell'attesa di poterci incontrare alla "Bicocca" porgiamo i nostri più cordiali saluti.


Segreteria Organizzativa Democrazia e Conoscenza Università degli Studi di Milano-Bicocca Piazza dell'Ateneo Nuovo 1, 20126 Milano Per informazioni: democraziaeconoscenza@unimib.it

mercoledì 17 settembre 2008

DiverCity: Città d'Europa per l'inclusione sociale 2008

A Bologna, nella seconda metà di Settembre, due importanti iniziative su razzismo e intercultura:



DiverCity: Città d'Europa per l'Inclusione Sociale 2008

Dal 18 al 21 settembre

La Coalizione Europea delle Città contro il Razzismo (ECCAR) è un'iniziativa lanciata dall'UNESCO nel 2004 ed è composta da un network di città interessate a condividere esperienze allo scopo di migliorare le proprie politiche nella lotta contro il razzismo, la discriminazione e la xenofobia.
La città di Bologna ospiterà la Conferenza generale di ECCAR, dal titolo 'DiverCity: Città d'Europa per l'Inclusione sociale'.



CLICCA QUI per accedere al sito della Conferenza Generale 2008

CLICCA QUI per accedere alla pagina dedicata ad ECCAR sul sito web dell'UNESCO



Festival delle Culture di Bologna 2008

Dal 25 al 28 settembre

Il festival si propone come vetrina delle culture che abitano Bologna, come crocevia, momento privilegiato e facilitante dell'incontro fra culture, generazioni, generi. Vuole mostrare il volto composito di Bologna come possibile 'città nuova' e 'della nuova cittadinanza' (tratto da www.zonagidue.it).



CLICCA QUI per scaricare il pieghevole con il programma della manifestazione

CLICCA QUI per scaricare il manifesto del Festival delle Culture di Bologna

martedì 16 settembre 2008

DUE TESTI DA LA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Da NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 580 del 16 settembre 2008 traggo due testi

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Sommario di questo numero:
1. La guerra, il razzismo, la schiavitù
2. Floriana Lipparini: Milano, i fantasmi che uccidono
3. Breve un invito alla resistenza nonviolenta
4. Mao Valpiana: Vincere il referendum a Vicenza
5. In occasione della settimana europea della mobilità sostenibile
6. A Ferrara il 18 e il 25 settembre
7. A Torino dal 2 al 4 ottobre
8. Clara Sereni: Domande ai maschi
9. Michael Baxandall
10. Ilhan Berk
11. Cyprian Ekwensi
12.
Ahmed Faraz
13. Robert Giroux
14. Idolina Landolfi
15. Leonard Meyer
16. Carlo Rivolta
17. John Russell
18. Salvo Fallica presenta "Dall'albero al labirinto" di Umberto Eco
19. La "Carta" del Movimento Nonviolento
20. Per saperne di più

2. RIFLESSIONE. FLORIANA LIPPARINI: MILANO, I FANTASMI CHE UCCIDONO
[Ringraziamo Floriana Lipparini (per contatti: effe.elle@fastwebnet.it) per averci messo a disposizione questo suo intervento apparso su "Il paese delle donne".
Floriana Lipparini, giornalista, ha lavorato per numerosi periodici, tra cui il mensile "Guerre e Pace", che per qualche tempo ha anche diretto, occupandosi soprattutto della guerra nella ex Jugoslavia. Impegnata nel movimento delle donne (Collettivo della Libreria Utopia, Donne per la pace, Genere e politica, Associazione Rosa Luxemburg), ha coordinato negli anni del conflitto jugoslavo il Laboratorio pacifista delle donne di Rijeka, un'esperienza di condivisione e relazione nel segno del femminile, del pacifismo, dell'interculturalità, dell'opposizione nonviolenta attiva alla
guerra. É autrice del libro Per altre vie. Donne fra guerre e nazionalismi, edito nel 2005 in Croazia da Shura publications in edizione bilingue, italiana e croata, e nel 2007 pubblicato in Italia da Terrelibere.org in edizione riveduta e ampliata]

Milano, sabato mattina: vado a iscrivermi alla prima lezione di Università Migrante, al Circolo Arci di via Oglio. Il corso – organizzato dall'Associazione Todo Cambia che si propone di "favorire l'incontro e la conoscenza tra cittadini immigrati e nativi" - s'inoltrerà negli oscuri meandri delle identità e del razzismo. E appunto "Andiamo a caccia di fantasmi: laboratorio sulle manifestazioni del razzismo" s'intitola uno degli incontri in programma a dicembre. Bello vedere che c'é un bel numero di persone a iscriversi. Contro l'indifferenza, contro l'intolleranza, contro la paura costruita ad arte. Milano, domenica, ore 6 del mattino: in via Zuretti i titolari di un bar sprangano a morte il diciannovenne Abdul detto Abba, perché ha "rubato". Poi si saprà che l'ipotetica refurtiva é un pacco di biscotti. Abdul é italiano ma é anche originario del Burkina Faso. Abdul é nero. Lo hanno
ucciso gridandogli "sporco negro", come se fossimo nel sud razzista degli Stati Uniti. Chi é il fantasma che i due sciagurati assassini, padre e figlio, hanno inseguito e ucciso? Chi l'ha messo nella loro mente? Venezia, domenica: la Lega celebra i propri grotteschi fasti, i propri deliranti riti che parlano di suolo e di sangue, di razze e di odio. Uomini che incredibili vicende politiche hanno condotto fino alle massime istituzioni di questo paese - sull'onda di un consenso servile, cieco e
populista che già in passato premiò vergognose dittature, come del resto accadde in Germania - incitano pubblicamente e ufficialmente alla "tolleranza zero", all'odio per lo straniero, per il nomade, per il diverso.
Ecco chi ha messo quei fantasmi nella mente dei titolari del bar milanese, e nella mente di chi bruciò le tende dei nomadi a Opera, e di chi appiccò il fuoco nel campo rom di Ponticelli, e di chi ha aggredito due gay a Roma, e di chi ha picchiato e umiliato un gruppo di rom in quel di Verona...
Com'é facile e furbo far divampare gli incendi identitari e razzisti, per mimetizzare le crisi economiche. Com'é facile far credere al cittadino impoverito e spaventato che la colpa dei suoi guai é l'immigrato che arriva dal mare in cerca di lavoro. Spostare l'attenzione dai veri responsabili -
manager truffatori e incompetenti, politici corrotti - agli incolpevoli "ultimi della terra", vittime del colonialismo prima e del razzismo poi. La costruzione di questi lager ideologici, volti a salvare sempre e comunque le caste al potere, funziona sempre. Anche in ex Jugoslavia la guerra "etnica" divampò nel momento in cui l'economia serba stava andando in pezzi. Il meccanismo é vecchio, ma quanti continuano a non capirlo, a farsi intrappolare, forse anche perché non si sente abbastanza forte, abbastanza sincera una voce alternativa? C'é chi ha tralasciato, chi ha minimizzato, chi ha aspettato veramente troppo per lanciare un allarme. Non so più cosa dire a mio figlio che vuole andarsene dall'Italia, perché il disagio di vivere in un paese come questo é troppo soverchiante. Sogna i paesi nordici dove il livello di civiltà é incomparabile, nelle regole e nei fatti. Di solito gli ribatto che sarebbe bene restare qui a combattere per cambiare le cose, ma alla fine non ho molti argomenti quando polemicamente lui chiede "Dove, con chi, con quale concreta speranza?".
Molti suoi amici la pensano come lui. Forse stiamo assistendo all'inizio di un'emigrazione di nuovo tipo.

Ora, dopo questa nuova, terribile tragedia, certo si diranno cose, si udranno voci, si faranno manifestazioni, almeno lo spero. Ma quello in cui spero veramente é che si moltiplichino iniziative di sensibilizzazione profonda, iniziative di dialogo e di incontro che siano strutturali, permanenti, diffuse sul territorio, e non ci si svegli sempre solo sull'onda dell'emergenza.
E spero ancora di più che i gruppi di donne che ancora esistono rompano il silenzio per riprendere a lavorare insieme almeno su questo terreno, senza particolarismi assurdi, dato che il pericolo é grande, e grande e urgente é la necessità di riprendersi uno spazio pubblico autogestito dove abbia
voce e presenza un'altra idea di città, di società, di civiltà. Un'idea di futuro meticcio, solidale, plurale, nonviolento. Un'idea disegnata anche e soprattutto dalla presenza attiva e pensante del femminile, come non é mai avvenuto.

4. EDITORIALE. MAO VALPIANA: VINCERE IL REFERENDUM A VICENZA
[Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: mao@sis.it, sito: www.nonviolenti.org) per questo intervento. Mao (Massimo) Valpiana é una delle figure più belle e autorevoli della nonviolenza in Italia; é nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come
assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si é impegnato nel Movimento Nonviolento (si é diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"), é membro del comitato di coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione
della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui é stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", é stato assolto); é inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); é stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il digiuno di solidarietà con Clementina Cantoni, la volontaria italiana rapita in Afghanistan e poi liberata. Con Michele Boato e Maria G. Di Rienzo ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" da cui é scaturita l'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 e quindi il manifesto "Una rete di donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza". Un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosità su nostra richiesta, é nel n. 435 del 4 dicembre 2002 de "La nonviolenza é in cammino"; una sua ampia intervista é nelle "Minime" n. 255 del 27 ottobre 2007]

Alcuni hanno detto che é stato un successo, altri hanno parlato di un "flop". Comunque sia, é andata bene, nel senso che non ci sono stati inconvenienti, e nessuno si é fatto male.
Ma é sufficiente questo per giustificare una manifestazione? Sabato 13 settembre, a Vicenza, il corteo si é mosso da piazza Matteotti verso la periferia della città. Gli organizzatori hanno detto che erano ottomila, la questura ne ha dichiarati duemila, secondo i miei conteggi erano tremila. In ogni caso il confronto con le precedenti manifestazioni "No Dal Molin", nel 2006, 2007 e 2008, é sconfortante. Da duecentomila, a centomila, poi trentamila, e ora qualche migliaio. Segno evidente che c'é una certa stanchezza. Ci sono momenti per le manifestazioni di massa, e ci sono momenti per altre strategie.
Ora l'obiettivo da raggiungere é quello della vittoria referendaria. Una manifestazione, indetta da una sola parte del variegato movimento, probabilmente non é la risposta giusta. Tanto più che tra gli obiettivi degli organizzatori figurava anche quello della rimozione del questore. Non é il momento delle polemiche interne, ma é fuor di dubbio che i vicentini hanno a cuore più la sorte della propria città che il giudizio sul responsabile della polizia. E in effetti di famiglie vicentine alla
manifestazione non se ne sono viste tante.
Rete Lilliput, Mir e Movimento Nonviolento di Vicenza hanno preso una posizione chiara di non adesione alla manifestazione. L'hanno espressa con un documento che valorizza al massimo il lavoro unitario per il referendum ed il dialogo con tutte le parti coinvolte, dentro e fuori dal movimento. Eravamo comunque presenti, per dimostrare che non c'é rottura e che il dialogo é sempre aperto, ma non abbiamo nascosto le nostre critiche ad una "gestione della piazza" che ci sembra datata. Moltissime delle persone e dei giovani che erano presenti hanno dimostrato un grande entusiasmo, e voglia di esserci. Certo, l'importante é fare qualcosa, ma bisogna anche farlo
bene. Essere presenti alla manifestazione e spiegare le nostre ragioni, distribuire le bandiere con il fucile spezzato e far conoscere la rivista "Azione nonviolenta" é stato un modo per dare comunque il nostro contributo positivo. La pioggia battente ha fatto il resto, e tutto é andato bene.
Punto e a capo.
Ora si lavori per conquistare l'opinione della maggioranza dei vicentini, e per aiutarli ad esprimerla al meglio, con il proprio "sì" al referendum del 5 ottobre.

lunedì 15 settembre 2008

Lettera 134 di Ettore Masina

Lettera 134 agosto settembre 2008

LL'articolo 10 e il comma 22

Nessun discorso teorico sulla pace vale quanto lo strazio dei ricordi, nessun discorso mostra, quanto lo strazio dei ricordi, le ragioni per le quali l’Italia inserì nella sua Costituzione l’articolo 10, il ripudio della guerra. I testimoni degli orrori che devastarono il nostro paese fra il 1940 e il 1945 vanno scomparendo rapidamente, per ovvie ragioni anagrafiche. Bisognerebbe raccoglierne con ben maggior cura i racconti perché certi eventi proiettano la loro ombra per generazioni. Temo, invece, che il razzismo “federalista” finirà per spezzettare le vicende delle guerre in Italia, trasformandole in fatti locali proprio mentre occorrerebbe, di fronte alle tentazioni militariste delle destre, diffondere una consapevolezza unitaria del passato.

Ho scoperto per caso, in Internet, che l’11 agosto era il 60mo anniversario del bombardamento di Terni e ho pensato che fosse una delle tante pagine di storia da rileggere.

Le vittime...

Le “fortezze volanti” americane– dodici – arrivarono sulla città alle 10,29 dell’11 agosto dell’anno 1943. La visibilità era ottima. Volando a 6-7 mila metri di quota, gli aerei sganciarono il loro carico micidiale. Quattro minuti dopo, Terni, mentre i bombardieri americani se ne tornavano alle loro basi tunisine, 1600 km a sud-est. era una città profondamente ferita.

Allora la gente andò a cercare i propri cari fra le macerie, la polvere fitta e acre, le urla dei bambini e delle donne imprigionati nelle case diventate sepolcri. Le strade si affollarono di soccorritori, di barelle, di traumatizzati incapaci di muoversi dai rifugi in cui avevano cercato riparo. Ma alle ore 12 arrivarono altri 32 bombardieri. Rimasero sul cielo di Terni, anche loro, a quota 6000, quattro minuti. Quando se ne andarono, la città era morta. Non c’erano più l’Ospedale, la stazione ferroviaria, il municipio né le scuole né le chiese. Interi quartieri erano trasformati in voragini, caverne, rovine crollanti.

Nel caldo atroce di quei giorni fu necessario seppellire i cadaveri al più presto, in grandi fosse comuni. Le autorità ne contarono 500. Nei mesi successivi, dalle macerie vennero estratti altri 450 corpi straziati.

... e gli “altri”

Per anni, dapprima con odio e furore, poi con rassegnata curiosità, i ternani, come quasi tutti i superstiti delle centinaia di bombardamenti che l’Italia subì in seguito alla guerra di Mussolini, si sono domandati chi fossero stati gli autori della carneficina. Adesso molti documenti militari sono stati desecretati e la verità appurata. Vale la pena, secondo me, di conoscerla.

I 1320 aviatori che costituivano gli equipaggi delle “fortezze volanti” (gli US-B17) che compivano “azioni” sull’Italia facevano parte del NAFAS (il Sistema strategico americano del Nordafrica) ed erano di base a Port du Fahs, in Tunisia. Quella mattina gli era stato ordinato di volare ad almeno 6 mila metri di quota, per non essere colpiti dalla contraerea. Quanto agli aerei italiani da combattimento che avrebbero potuto intercettarli, i superiori gli avevano garantito che nella zona non ne esistevano più: l’Italia era al collasso, gli Alleati erano ormai sbarcati in Sicilia, il duce era stato deposto, l’intero apparato difensivo e quello burocratico si sfari-navano. Trattative per un armistizio erano già in atto, ma nei cervelli dei militari esisteva una sola idea: schiacciare il nemico, subito, a costo di compiere stragi di civili.

I ragazzi delle fortezze volanti avevano un’ età media di 21 anni; significa che alcuni di loro ne avevano poco più di 18. Li avevano addestrati con 100 ore di volo. Molti di loro, quell’11 agosto dell’anno 1943, erano alla loro prima impresa bellica. Terni era per loro, sino a quella mattina, un nome sconosciuto sulla carta geografica appesa, quella mattina, all’alba, nella sala del briefing. Provenivano da tutti gli States e da tutte le condizioni sociali, esclusa quella più povera e meno colta (che vuol dire anche: negra). Godevano di un trattamento logistico particolarmente buono ma sino all’ultimo giorno di guerra furono sfruttati dai generali– e spesso con una leggerezza criminale. Molti di loro furono colpiti da turbe psichiatriche. Lo scrittore Joseph Heller, che fu dei loro, dopo la guerra scrisse sulla loro vicenda un libro umoristico ma anche terribile. Il titolo era “Comma 22” e riportava una norma (inventata dai piloti) del regolamento del NASAF:

Articolo 12, Comma 1

«L'unico motivo valido per chiedere il congedo dal fronte è la pazzia.»

“Articolo 12, Comma 22

«Chiunque chieda il congedo dal fronte non è pazzo.»

Il protagonista del romanzo era un pilota che, se ricordo bene, si chiamava Yossanan. La sua paranoia era quella di sentirsi odiato da tutti gli esseri umani, mentre lui non aveva “mai fatto male ad alcuno”. Vittime dei bombardamenti, naturalmente, escluse.

La guerra aerea

La guerra aerea ha caratteristiche di particolare efferatezza. Nella sua ultima versione strategica non mira soltanto né soprattutto ad abbattere aerei nemici né a colpire reparti nemici o installazioni e industrie belliche; i portavoce militari possono dichiarare il loro profondo rammarico ogni volta che vengono compiute stragi di civili, ma il compito principale dell’aviazione è quello di seminare il terrore.

Di più: mentre il soldato “di terra” rimane, per così dire, immerso nell’orrore della battaglia, il pilota di oggi potrebbe indossare il camice bianco del tecnico che si trova a passare di lì per caso. A 8 mila metri di quota il nemico diventa un’astrazione e l’aviatore può seminare morte e distruzione senza vedere i risultati della sua impresa, senz’altra interiore vergogna che quella del turista che lascia cadere una cartaccia in un bosco. Ricordo la dichiarazione (pubblicata dal Corriere della Sera) di un pilota appena rientrato dopo un bombardamento della Serbia: “E pensare che il panorama è così bello!”. La tecnologia ha provveduto anche ai sensi di colpa del pilota Yossanan. Ecco un esempio di stravolgimento del concetto di onore, per non parlare di quello di eroismo. Ed ecco altre vittime, in divisa, non uccise ma disumanizzate.

E noi?

Avendo letto, postato da clochard spartacok@alice.it, il racconto del bombardamento di Terni, mi è sembrato così interessante nella sua tragica eloquenza di dolore, morte e trasformazione di giovani in automi da parte della casta militare, da sembrarmi quasi doverosa la sua diffusione fra le mie amiche e i miei amici. Per una di quelle coincidenze di cui la vita è tanto generosa, mentre io cominciavo a scrivere, il cielo di Orbetello (il luogo in cui mi trovavo) si è riempito di rumore ed è comparsa una squadriglia acrobatica dell’aviazione italiana. Per un’ora ha compiuto le sue straordinarie evoluzioni, riempiendo l’orizzonte di fittissime scie. Una capacità di coordinamento, una sapienza tecnologica, una lucidità di riflessi ammirevoli. Mi sono trovato di colpo sbalzato dal passato e dal teorico al presente e al concreto. Quelle armi esteticamente bellissime e quei piloti ardimentosi appartengono al nostro passato o al nostro futuro?

Mi sono domandato ancora una volta quale sia il cordone ombelicale che ci lega alla violenza in modo che sembra irresistibile, senza rimedio. Non so darmi risposta ma come vecchio mi sembra di portarmi addosso errori (per non dire: peccati) a non finire.

Ettore Masina

***** Comunico che il sito www.ettoremasina.it è stato aggiornato. V. alla voce INCONTRI.

***** LETTERA viene inviata mensilmente a mie amiche e miei amici e ad altre persone con le quali so (o sento) di dividere il cammino. Naturalmente posso sbagliarmi e provvederò immediatamente a cancellare dal mio indirizzario le persone che non desiderano ricevere i miei messaggi.

***** LETTERA viene inviata a chiunque me ne faccia richiesta. Il mio indirizzo è: via Cinigiano 13, 00139 Roma, tel. (06) 810.22.16. Un contributo alle spese di fotocopiatura, postali e di segreteria è as­sai gradito. Per essere chiari: nella sua versione cartacea LETTERA viene inviata ad alcune centinaia di persone e in questo momento questo bilancio è desolatamente in rosso. I versamenti possono essere effettuati sul ccp 49249006 intestato a Luca Lo Cascio, via Leone Magno 56, 00167 Roma.

***** I testi di LETTERA possono essere liberamente riprodotti. Sarò riconoscente a chi, avvalendosi di questa facoltà, vorrà farmelo sapere.

***** Chi non riuscisse a procurarsi in libreria il mio libro di racconti "Le nostre barche sono rotonde", può acquistarlo dalla casa editrice. Per farlo, spedire una e-mail al seguente indirizzo: info@edizioni-oge.com

Nell’e-mail vanno specificati il nome e l’indirizzo dell’acquirente (o comunque il recapito dove si desidera ricevere il volume), il numero di copie ordinate e la modalità scelta fra due opzioni: 1) contrassegno

postale, 2) pagamento tramite bollettino postale intestato a O.G.E. s.r.l.,c/c 73809311. Il costo complessivo unitario è fissato in € 12,00,

comprensivo della spesa per la spedizione postale.

CHE VERGOGNA!!!

15.09.08 In piazza per Abdul*
*IN PIAZZA PER ABDUL, UCCISO PERCHE' DI PELLE NERA

OGGI, ORE 17.00, MILANO, PIAZZA DUCA D'AOSTA
(davanti alla Stazione Centrale) *

Le forze organizzatrici della manifestazione antirazzista del prossimo 4
ottobre a Roma esprimono totale e incondizionata solidarietà nei
confronti di Abdul William Guibre, diciannovenne originario del Burkina
Faso e di nazionalità italiana, ucciso ieri a sprangate da due
commercianti milanesi.

Una morta assurda che niente ha a che vedere con il furto di un
pacchetto di biscotti, e molto, invece, con la crescente ondata di
violenza, intolleranza, odio razziale alimentata dai media e dalle
istituzioni.

Per questo il comitato promotore della manifestazione antirazzista
romana del prossimo 4 ottobre *invita tutti coloro che credono ancora in
una Milano tollerante, non violenta e non discriminatoria a scendere in
piazza facendo sentire il proprio dissenso e la propria solidarietà.

*Al di là dell'indiscutibile responsabilità personale dei due
commercianti, è necessario ammettere che ci sono altre responsabilità:
quella degli esponenti politici che da anni soffiano sul fuoco
dell'intolleranza e della discriminazione; quella coloro che credono che
la sicurezza debba essere garantita con le armi e con i centri di
detenzione; quella di tutti coloro che fingono di non vedere e non danno
voce alla propria indignazione.

Per informazioni

Eleonora Scabbia
cell. 340 2347207; //eleonora.scabbia@fastwebnet.it/
eleonora.scabbia@fastwebnet.it>

Giorgio Floridia
cell. 339 6603952; //flos15@libero.it/ flos15@libero.it>

domenica 14 settembre 2008

LA VOCE DI FIORE

La Voce di Fiore è un progetto con cui si vuole restituire giustizia alla nostra società: ai giovani, in primo luogo, agli emigrati, gli anziani, i disabili, a quanti sono stati scaricati dalle istituzioni, abbandonati, dimenticati. A Diamante, c'è un bellissimo dipinto murale di Giancarlo Cauteruccio: un uomo, con la bocca spalancata, come a gridare senza riuscirci; sotto, è scritto: "Ridatemi la parola". Un vecchio proverbio meridionale ammonisce che un uomo può perdere tutto e rimanere libero; se gli è tolta la parola, invece, diventa "povero e servo". Gioacchino da Fiore - Fiore è il luogo della Sila da cui, per l'abate, sarebbe incominciata l'età dello spirito, della concordia, della pace - profetizzò il rinnovamento del mondo. Di questo tempo nuovo, in tutta l'area silana, a cui ci rivolgiamo, non sembra che vi sia traccia. Piuttosto, e specie a San Giovanni in Fiore, è accaduto il contrario, rispetto alla previsione gioachimita: dopo le guerre mondiali del Novecento, la classe politica ha prodotto danni enormi, obbligando alla fuga, alla partenza, all'emigrazione o persuadendo all'obbedienza cieca. E ha saputo operare in modo capillare, perfezionando i propri, luridi sistemi, entrando nelle case a ricattare, andando all'estero a giocare sulla tragedia degli emigrati e garantendosi la permanenza al potere come in dittatura - con illusioni diffuse a regola d'arte e varie e pesanti manovre illegali o immorali. Ha saputo annullare ogni dissenso, ogni movimento d'aggregazione, ogni voce diversa. Ha proibito l'alternativa col terrore e la propaganda, che sono i due elementi su cui - per la Harendt - poggia il totalitarismo. Ha costruito le prigioni dei poveri: i vuoti palazzi edificati con le rimesse degli emigrati. Per finanziarsi, la classe politica successiva alla Repubblica, ha riempito la Sila di cemento; per espandersi, ha autorizzato scempi imperdonabili, devastando il territorio e sciupandone le risorse. Il Partito comunista e la Democrazia cristiana hanno sistemato moltissima gente: nei servizi pubblici, nella scuola, nelle amministrazioni statali, dovunque fosse possibile. Ecco perché, oggi, troppi uomini di mezza età hanno la bocca cucita, serrata, che non articola parole, quando ci vorrebbero, ma serve soltanto a mangiare e bere. E, nella migliore delle ipotesi, sentenzia, divulga falsità e cattiverie, allo scopo di perpetuare il sistema di sempre. Tutto ciò è stato insegnato alle nuove leve, ai ragazzi, parte dei quali attende ancora l'aiuto del politico o politicante di turno, per entrare a lavorare. Ecco perché ci siamo e vogliamo denunciare, proponendo e indicando un'altra strada, l'unica da percorrere, se si vuole chiudere definitivamente un lunghissimo capitolo di irregolarità, contraddizioni, abusi, arretratezza, sperperi e rovine. Ereditiamo tutto il messaggio di speranza di Gioacchino da Fiore, la sua attualità, la forza. Facciamo tesoro delle parole di Gianni Vattimo, presente all'ultimo congresso internazionale sull'abate, che ci ha raccomandato di lavorare per il bene comune, di impegnarci, di non rimanere spettatori passivi e indifferenti, rispetto alle urgenze di riforma e trasformazione delle coscienze e del pensiero. Ecco perché abbiamo scelto di chiamarci La Voce di Fiore: siamo orgogliosi di attuare - a Fiore, nella nostra Sila (con Castelsilano, Caccuri, Cerenzia, Savelli) - quel cambiamento spirituale e sociale annunciato nelle opere di Gioacchino. E, nel contempo, non vogliamo più tacere né sopportare la distruzione del nostro patrimonio - di natura, cultura e saper fare - ad opera di personaggi corrotti e maldestri, comunque al potere. Negli anni d'intensa, difficile e aperta collaborazione con il Crotonese, mi sono interessato, principalmente, di diritti negati e cultura. Ricordo, anzitutto, le tante pagine sul caso di Giampiero Tiano, ragazzo che si cura con la canapa e simbolo, ormai, d'una battaglia impossibile a difesa del diritto alla salute - in un contesto, quello sangiovannese, di povertà mentale prima che economica. A lui, ho dedicato grande e sincera attenzione, anche sul manifesto, restando sempre in contatto con i colleghi Massimo Giannetti, Iaia Vantaggiato e Carlo Lania, che ringrazio vivamente per la pronta sensibilità mostrata rispetto alla sua vicenda umana. Anche per il loro impegno costante, cui va aggiunto quello, importante, di Francesco Saverio Oliverio, Giampiero è diventato un personaggio, su internet; non, come si può pensare, legato a movimenti della new age, per riprendere un termine generale, molto usato, opportunamente, in altri ambiti, dall'arcivescovo Giuseppe Agostino. E mi vengono in mente i torti subiti dall'Unione italiana ciechi, a cui la nostra giunta comunale aveva assegnato dei locali dell'orribile Palazzo delle culture (struttura costata un capitale, carente di luci, con infiltrazioni d'acqua e mai resa fruibile), levandoglieli, poco dopo, senza provvedere altrimenti. Mi torna la vicenda di Antonio, ventinovenne, che, dopo tre anni d'attesa dalla sua richiesta, s'è visto riconoscere, dall'apposita commissione dell'Asl locale, appena il 46% d'invalidità, davanti ad una situazione personale assai più grave. Mi rivengono le immagini della lunga protesta, dall'inizio del 2004, di centinaia di nostri disoccupati, costretti a presidiare il municipio, per attirare l'attenzione dei governi pubblici sul problema più grosso e irrisolto della nostra comunità: il lavoro. Mi rimbombano le sporche strumentalizzazioni di politici e partiti, rispetto a questo drammatico evento, inquadrato perfino da Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera del 10 maggio 2004, belli e pronti a promettere, assicurare, mentire. Ho presente, ora, mentre scrivo, le pesanti difficoltà dell'Adifa, Associazione delle famiglie dei disabili, per le quali l'amministrazione comunale ha fatto pochissimo, sparandosi la posa in precise circostanze. I nostri servizi sociali sono allo sbaraglio: o lo si riconosce o, come al solito, s'ingannano i contribuenti, voglio dire le persone, dichiarando che "va tutto bene" e che, anzi, l'assistenza sociale di San Giovanni in Fiore è un modello da copiare, per efficienza ed efficacia. Che cosa dire del liceo classico e dello scientifico, i cui studenti sono ammassati in locali assolutamente inadeguati, col silenzio complice di amministratori, dirigenti e docenti? Che cosa dire dell'ospedale, per cui c'è stato soltanto un corteo piazzaiuolo, alla vigilia delle ultime provinciali, senza elementi concreti sull'effettiva possibilità di riqualificarlo in termini realmente produttivi? Oggi la genericità, la vaghezza e l'approssimazione non pagano affatto: è un assunto economico. Come spiegarlo ai vari Nobel che occupano poltrone e s'arricchiscono senza dare nulla? Che cosa dire dello sfruttamento? Quanti giovani guadagnano 300 euro al mese e firmano buste paga da 1000, perché, se rifiutano, c'è sempre qualcuno disposto ad accettare lo stesso trattamento? Fino a quando deve durare questa porcheria? San Giovanni in Fiore si spopola: i Granato, titolari del ristorante La taverna del gioachimita, hanno lasciato la città, come molte altre famiglie. Antonio Nicoletti, consigliere comunale dello Sdi, ha accusato, a più riprese, questo nuovo esodo di massa. Eppure, sembra che non ce ne accorgiamo. Molti ragazzi della città e dei comuni limitrofi hanno scelto di studiare a Crotone o a Cosenza. Gli istituti superiori si stanno svuotando e, secondo le tante interviste raccolte, la ragione di fondo è che San Giovanni in Fiore non offre più nulla. I commercianti si lamentano, non vendono, sostengono che, ormai, siamo in pochi, a vivere in città. Ma, a sentire chi ci amministra da dieci anni, è "tutto regolare e sotto controllo". Anzi, va molto meglio di prima, perché "le strade del centro storico sono state intitolate agli abati florensi e perché sono state finalmente costruite delle scuole superiori". Non ci poteva essere migliore consolazione e dimostrazione del progresso raggiunto. Anche le preoccupazioni per l'impressionante diffusione della droga costituirebbero, per la stessa gente che governa, il solito tentativo - di giovani in preda ad eroici furori - di denigrare il grande operato d'una maggioranza illuminata e competente. Che, peraltro, ha saputo impiegare, in opere di risistemazione urbana, gli oltre seicento operai del Fondo sollievo, dando loro materiali e progetti da realizzare. Anna Paletta Zurzolo, emigrata in Canada, ha raccontato, nel suo preziosissimo Pane, vino e angeli, di una San Giovanni regolata da un assurdo e patologico sistema di potere. In 50 anni, è cambiato nulla, è sempre uguale, questo comunico ad Anna, che, certamente, avrà una copia del nostro giornale. Come è uguale il comportamento verso gli emigrati, sempre in attesa della Consulta, ormai da quattro anni - nonostante il loro interessamento per l'ospedale civile, col regalo della tac, e per il Parco nazionale della Sila e il Centro storico, con le risorse finanziarie e i continui interventi, in proposito, in tutte le sedi istituzionali, di Heritage Calabria. La spesa pubblica per eventi di richiamo turistico è ridicola. E, oltre al Centro studi gioachimiti, non c'è fermento, in campo culturale. Questa amministrazione non sa valorizzare affatto le potenzialità della città, ostacolando sistematicamente chi si propone e organizza momenti formativi nella cultura, nello sport, nel sociale. Il nostro giornale vigilerà, sarà vicino a tutti e accoglierà tutte le istanze altrimenti respinte. Darà voce al coraggio e alle idee. Perché Fiore sia davvero fiorito. E non un posto arido e deserto.

dall'editoriale pubblicato sul sito www.lavocedifiore.org , dedicato a Gioacchno da Fiore