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lunedì 14 gennaio 2008

PENA DI MORTE E ABORTO? NESSUNA SOMIGLIANZA: REAZIONI DI CRISTIANI ALLA PROPOSTA RUINI-FERRARA

articolo tratto da www.adistaonline.it Adista notizie n. 5 2008.

Che l'aborto non sia una gran bella cosa, penso che siamo tutti d'accordo. Quello che più di disturba è l'ipocrisia di quanti si schierano contro l'aborto in difesa del diritto alla vita, ma poi non sono contro le guerre, le morti per fame, per sete, per malattie...Allora mi sembra un discorso ipocrita e razzista. Razzista perchè un feto (magari europeo) ha più diritti di 3/4 della popolazione mondiale...

34235. ROMA-ADISTA. "Ho un brutto presentimento: che la gerarchia della Chiesa, nei suoi esponenti più complessati nel campo morale, facciano di tutto per far cadere il governo di Sinistra, provocandolo su alcuni temi su cui è evidente una divisione nei due schieramenti politici. È una sensazione che ho, e che purtroppo si rivela ogni giorno sempre più forte. Era proprio il caso di tirar fuori, proprio ora, il problema della legge 194 che riguarda le ‘Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza’?". Queste parole di don Giorgio Capitani – comparse nel suo blog il 3/1 scorso – ben testimoniano il clima di acceso dibattito che si è creato in seguito alla recente proposta di moratoria sull’aborto lanciata da Giuliano Ferrara in seguito all’approvazione della moratoria Onu sulla pena di morte. "Dopo aver promosso la Piccola Moratoria - spiegava Ferrara nell’ormai celebre editoriale comparso sul Foglio il 20 dicembre scorso - promuoviamo la Grande Moratoria della strage degli innocenti".
Un accostamento da respingere
A "Noi Siamo Chiesa" dell’Emilia Romagna il maldestro tentativo di accostare le due iniziative proprio non va giù. "Ci pare azzardato – si legge nel comunicato del 23/12 – equiparare la moratoria per la pena di morte a quella eventuale per l’aborto. A tale ragionamento sottende anche solo una involontaria colpevolizzazione della figura femminile, che non può mai essere accettata". "Non rendiamo criminale – conclude il comunicato – chi già patisce una scelta sempre e comunque tragica. Saremmo preda di un severo sadismo". Parere simile è espresso anche dalle Comunità Cristiane di Base (CdB) che ritengono "distruttivo e opposto alla cultura della vita colpevolizzare le donne che vivono il dramma dell’aborto, definirle ‘assassine’, accostare l’aborto stesso alla pena di morte, accusare la legge 194 di ‘genocidio’ dei feti" (comunicato dell’8/1). Non si sono sottratte al dibattito in corso le altre Chiese cristiane. Sulla stessa lunghezza d’onda di "Noi Siamo Chiesa" e delle CdB si attesta la vicepresidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), Letizia Tomassone, che ha espresso la sua posizione per mezzo del comunicato "Pena di morte e aborto non possono essere accomunati" (Nev, 3/1). "Abolire la pena di morte significa riaprire le possibilità di relazioni umane per gli ex condannati. Riammetterli in quel circuito di comunicazioni in cui la vita non è pura biologia, ma capacità e libertà di decisione. Così anche leggi come la 194, che riconoscono la capacità e la libertà decisionale delle donne, affermano la centralità della relazione. In questa riapertura del dibattito sulla 194 una cosa sola è importante: che si fermi l’attenzione su una educazione libera e critica degli adolescenti e, in modo diverso, delle donne e uomini immigrati, sulla sessualità e sulla decisione di avere figli e figlie". Emerge con forza il suggerimento di concentrare gli sforzi istituzionali non sulla proibizione di un gesto come l’aborto ma sull’educazione alla libertà di scelta, soprattutto per le donne: "Il senso di libertà individuale – spiega la Tomassone –, che è riconosciuto e considerato oggi in Occidente come il fondamento del diritto civile, fa parte della costruzione della dignità femminile. La donna non è un puro contenitore di vita concepita altrove. È un soggetto libero che crea relazione con questa vita. Negare che l’interruzione di gravidanza si inserisca in questo processo relazionale significa riportare le donne a un obbligo biologico che non ci appartiene più". Recupera il legame di stretta parentela tra educazione alla libertà di scelta e rispetto della vita lo stesso don Giorgio Capitani: "Non è con la proibizione legislativa che si educa la gente a rispettare la vita fin dalla nascita. Casomai spetta alla Chiesa educare i suoi credenti a rispettare la vita, non solo agli inizi e alla fine, ma anche lungo tutto l’arco esistenziale".
Un’immagine distorta della difesa della vita
Il 7/1 scorso don Giorgio si è spinto oltre, criticando, sempre dalle pagine del suo blog, le continue incursioni della gerarchia cattolica nel dibattito politico sull’etica: "Forse oggi spetterebbe alla Chiesa fare un serio esame di coscienza: fino a che punto sei la testimonianza del Vangelo radicale? Tu, Chiesa, vuoi dettare norme allo Stato in un campo in cui non è facile legiferare nel rispetto di ogni situazione esistenziale (è facile dettare norme in astratto!), e poi non vuoi capire che ti sei legata anima e corpo ad una concezione che fa del mercato l’idolo imperante. Come puoi difendere Valori quali la vita, sostenendo una cultura che è morte?". Il sostegno sempre più esplicito all’iniziativa di Ferrara, accordato dalla Cei di Bagnasco, da Ruini e da altri esponenti della gerarchia non solo in Italia, non è piaciuto nemmeno al pastore valdese Eric Noffke, che affida le sue critiche ad alcune riflessioni natalizie pubblicate su Riforma il 21/12: "Se il Natale nasce da un amore accettato e da una nascita accolta con amore, se il Dio che ora celebriamo è il Dio della vita (quella scelta e non quella subita!), perché la chiesa cattolica cavalca con tanto ardore questa immagine distorta della ‘difesa della vita’, che in realtà cela solo l’asservimento della donna e della sua volontà? Perché questa visione perversa di una vita che diventa condanna di una madre che diventa tale suo malgrado, magari per violenza?". Nonostante la 194 goda ancora di ottima salute, la provocazione di Ferrara appare a molti l’ennesima occasione per attaccare pregiudizialmente la legge e le forze politiche che la sostengono. Così afferma, ad esempio, don Enzo Mazzi in un articolo scritto per Liberazione l’11/1: "La proposta di ‘moratoria’ dell’aborto si vede lontano un miglio che è una trovata furbesca, strumentale e provocatoria. Non tende a favorire il dialogo ma a generare scontro. Impedisce qualsiasi confronto costruttivo sul tema dell’aborto, sui percorsi per ridurlo ulteriormente e sulle tecniche che lo rendano più rispettoso dell’integrità fisica e psichica della donna. Chi ha un minimo di senso critico e anche chi ha una sensibilità educata dal Vangelo come può dialogare con chi bombarda quotidianamente le coscienze delle donne con messaggi terroristici, da tutte le tribune e usando tutti i mezzi fino ad accostare l’aborto alla pena capitale?". A frenare le speculazioni sulla 194 è comunque il ministro Rosy Bindi che, in un’intervista al Messaggero, ha dichiarato che la provocazione di Ferrara "non ha senso" e sarebbe inutile "infliggere al Paese una nuova lacerazione". Ma il dibattito sulla laicità resta comunque infuocato, tanto in Parlamento (e maggiormente nel centro sinistra), quanto tra i cattolici, sui quali ancora una volta si allarga l’ombra del tradizionalismo oscurantista. "Quando il potere ecclesiastico – si legge in chiusura del comunicato delle CdB – avrà compiuto una riparazione storica facendo finalmente spazio alla maternità che non è solo dare vita in senso biologico ma è cultura, è visione femminile di Dio, della Bibbia, di Cristo, della fede e dell’etica, allora potrà intervenire credibilmente sull’etica della vita. Ma in quel momento si sarà dissolto come ‘potere’. Sarà un bel giorno. Merita lavorare perché si avvicini".

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